A Tivoli il museo e laboratorio didattico dedicati al libro dopo 40 anni vengono sgomberati da Villa d’Este e Villa Adriana, ma il provvedimento scatena le proteste.

Le vicende del Museo didattico del libro antico di Villa d’Este e del centro di archeologia libraria e bibliotecaria di Villa Adriana, entrambe gestite dall’Associazione Culturale FANNIUS, sono emblematiche dell’epoca che stiamo vivendo, perché mettono in evidenza assurde incongruenze tipiche della gestione del nostro Patrimonio culturale, pronto a essere rimpiazzato per fare posto ad attività commerciali. Poco importa se questa associazione, da quarant’anni, contribuisce a mantenere in vita la tradizione libraria nelle due ville tiburtine scegliendo di avere come interlocutori privilegiati musei, scuole di ogni ordine e grado e università adoperandosi, inoltre, a ristrutturare e rendere fruibili  gli spazi concessi, in completo stato di abbandono, investendo di tasca propria. Per questo abbiamo deciso di raccontarvela.

La storia dell’Associazione FANNIUS e del suo direttore, il professor Antonio Basile, antropologo e restauratore di materiale librario, archivistico e manufatti cartacei, ha inizio nel 1979, anno in cui viene concessa dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici e Ambientali del Lazio quella che è oggi l’attuale sala di accoglienza del Museo Didattico del Libro Antico di Villa d’Este (Grotta di Venere) per essere adibita a Laboratorio Papiri Miniati, pensata per la diffusione e la conoscenza dell’arte libraria della Villa e del territorio. Nel museo sono state eseguite importanti commissioni per musei e università, vengono esposti esemplari originali di stampe, incisioni, volumi e manoscritti su pergamena e carta e torchi lignei per la stampa completi di caratteri mobili del XVII e del XIX secolo perfettamente funzionanti ed utilizzati nelle attività didattiche. Nel 1989 su esigenza dell’utenza scolastica e a fronte delle numerose richieste da parte delle scuole, il MiBACT concede l’ampliamento delle struttura. Il nuovo locale, in completo stato di abbandono e mai aperto al pubblico, viene restaurato e reso fruibile all’utenza a cura e spese del concessionario, con progetto esecutivo approvato dal Ministero. Da sempre al museo si accede gratuitamente, senza alcun supplemento sul costo del biglietto di ingresso al complesso monumentale.

Nel corso dei decenni questa interessante collaborazione tra pubblico e privato, nata prima della legge Ronchey che, esternalizzando male i servizi museali, aprì la strada a tante pessime collaborazioni, si intensifica, in virtù proprio del successo dovuto all’ampia partecipazione di visitatori, soprattutto studenti, alle attività educative proposte dal museo. Così la Soprintendenza ai Beni Archeologici del Lazio invita il concessionario a istituire presso l’area archeologica di Villa Adriana, il Laboratorio di Archeologia Sperimentale per materiale scrittorio in uso nell’antichità classica. Il progetto avviato inizialmente presso la Palazzina Triboletti viene poi trasferito (per esigenze della stessa Soprintendenza) ai locali del plastico per i quali il concessionario, in collaborazione della facoltà di Restauro dei Monumenti dell’Università Sapienza di Roma, con la supervisione tecnica della Soprintendenza Archeologica del Lazio, del Comune di Tivoli e con finanziamenti privati e regionali, ha dovuto farsi carico di imprevisti oneri di ristrutturazione ed allestimento. Il Laboratorio, inestricabilmente collegato alla tradizione libraria e bibliotecaria della Villa di Adriana, nasce grazie a specifici programmi regionali di investimento che lo tutelano, vincolando a 30 anni la destinazione d’uso delle strutture. Nel 2017, dopo un iter amministrativo con il Comune di Tivoli durato oltre 8 anni, finalmente pronto per funzionare, il Laboratorio riceve lo sfratto dal direttore dell’Istituto autonomo VA-VE (Villa Adriana e Villa d’Este) Andrea Bruciati. La decisione è stata presa, senza che sia stata concordata  una sistemazione alternativa, per fare posto a un “bar-caffetteria-ristorazione”, anche se Villa Adriana ha già un locale adibito e attrezzato per questi scopi, attualmente non funzionante, all’ingresso del sito UNESCO. Dopo pochi mesi arriva per l’associazione e tutti i suoi collaboratori lo sfratto anche da Villa D’Este, le cui motivazioni rimangono ancora ad oggi sconosciute e mai riportate nei documenti.

Alessandro Basile, che oggi cura le attività didattiche del  museo e del Laboratorio,  ci ha raccontato quanto accaduto in quest’ultimo anno spiegandoci: “nonostante i nostri appelli, il MiBACT non risponde e non sembra possa esistere alcuna forma di dialogo. Il Comune di Tivoli e la Regione Lazio, che hanno investito fondi pubblici vincolati ad una destinazione d’uso trentennale dei locali, tacciono disinteressati.” Continua ricordando: “era l’anno 2009, quando in occasione del convegno di presentazione del nascente “Polo Tiburtino”, alla presenza dell’attuale sindaco di  Tivoli (allora in veste di Direttore Generale MiBACT), il Museo e il laboratorio venivano annoverati come elementi di eccellenza tra gli attrattori turistici delle Ville. Ci chiediamo cosa sia cambiato da allora, visto che le attività si sono persino intensificate e radicate ancor più nel territorio, con vivo successo di pubblico”.

A sostegno dell’Associazione culturale FANNIUS sì è fatta sentire con un appello Italia Nostra Lazio dove si legge: “senza entrare nella questione giuridica circa la legittimità dell’atto del direttore, si tratta di un provvedimento che rientra nel quadro di una politica dell’amministrazione pubblica che intende eliminare gli immobili “improduttivi” e renderli “produttivi”, liberandoli da concessioni più o meno gratuite ad associazioni culturali e di volontariato.” Una politica poco adatta alla promozione della cultura.” Nella speranza di ricevere risposte riguardo la vicenda, a dicembre delle scorso anno, la Senatrice Corrado interroga il Ministro Franceschini chiedendo: “se non riconosca nei musei-laboratorio della “Fannius” due veri e preziosi luoghi della cultura privati, che, allocati all’interno di due cosiddetti “Luoghi della Cultura” statali dei più prestigiosi (coesistenza virtuosa, alla quale il Ministero dice di aspirare e che qui è diventata reale con largo anticipo), ne incrementano l’appeal sul pubblico.”

Anche le scuole del Lazio si sono attivate in difesa del Museo e del Laboratorio sotto sfratto con una raccolta di firme su volumina in papiro, lino e pergamena che ha raggiunto l’obiettivo di circa 14.000 firme di studenti e di 2.000 insegnanti, che nel corso degli anni hanno partecipato alle attività didattiche.

Una foto delle firme raccolte su volumina in papiro, lino e pergamena a sostegno del museo

A seguito dello sfratto l’associazione ha presentato un ricorso al T.A.R. del Lazio – tuttora pendente – e si è appellata alla Regione Lazio che proprio grazie ai fondi regionali ha reso possibile, in buona parte, la riqualificazione degli spazi e la loro apertura al pubblico. 

Ad oggi tutto tace e nessuna alternativa viene proposta per scongiurare la scomparsa di un prezioso polo didattico che negli anni ha saputo mantenere attivo il rapporto con il territorio: ha stipulato accordi con il MIUR (l’ultimo proprio lo scorso anno), nel 2003 il Museo del libro è stato riconosciuto come “Centro Integrativo Scolastico” a “Misura di Bambino”; attraverso la convenzione con l’Unicef Italia, e nel 2018 come “eccellenza tra le offerte culturali del Lazio; propone  attività educative inclusive ed è stato il primo museo nelle aree MiBACT a dotarsi di percorso braille per persone con disabilità visiva. Inoltre, i due spazi hanno da sempre svolto attività di studio restauro e ricostruzione tecnico-scientifica di documenti papiracei, cartacei e pergamenacei e promosso la ricerca in un rapporto di interazione sempre attivo con i Musei e le Università nazionali e internazionali.

“Nella parola cultura” ricorda infine Alessandro Basile “è insito il concetto di “colere” (coltivare) proprio perché da questa trae nutrimento il tessuto civico per il futuro del nostro paese. Dispiace dirlo, ma ad oggi, in due dei luoghi più rappresentativi della cultura classica e rinascimentale italiana, un’importante fonte di “nutrimento” per le future generazioni sta per essere sacrificata in nome di principi  e logiche molto lontani da questa nobile accezione del termine.”

Che l’educazione e la didattica museale, il costruire un solido rapporto con il territorio così come la ricerca in ambito culturale valgano davvero poco per il nostro ministero ne abbiamo avuto ripetute conferme in questi anni, diventa quindi necessario un cambio di rotta che porti a valutare l’arricchimento culturale come l’unico vero guadagno per l’intera collettività.

Ci auguriamo che il direttore dell’Istituto Autonomo Villa Adriana – Villa d’Este  e il MiBACT tutelino un’importante realtà che negli anni ha saputo essere una grande risorsa per le stesse ville e un ottimo esempio occupando, inoltre, personale qualificato e regolarmente retribuito. Sgomberare musei nonostante l’emergenza in corso, che rimodulerá per sempre i flussi turistici, e mentre appare sempre più rilevante l’offerta che il territorio ha da dare, non è ciò di cui abbiamo bisogno.