marciana

Il futuro del Patrimonio culturale italiano non può e non deve somigliare al passato recente. L’alternativa è un Sistema Culturale Nazionale.

Riusciamo a immaginare un’alternativa per il futuro del Patrimonio culturale italiano, diversa da ciò che è stato finora? Certo che sì, riusciamo e dobbiamo farlo. Il sistema nel quale abbiamo fino ad ora vissuto ha fallito, e chi finora l’ha gestito e governato non ha in mente alcun piano alternativo, come dimostrano le richieste che arrivano da quel mondo. 

Noi dobbiamo pensare pragmaticamente, basandoci sulla realtà. Dopo trent’anni di errori, lo Stato italiano si trova in una posizione di forza notevole: dato che l’intero settore è al collasso, lo Stato può decidere di erogare fondi solo a determinate condizioni. Non solo, può decidere di non sostenere tutte quelle realtà che si dimostrassero inutili e non in grado di garantire occupazione e vantaggi per la collettività. Se salvare il sistema precedente ha un costo di gran lunga superiore a quello necessario per costruire qualcosa di diverso, sembra doveroso ragionare proprio su qualcosa di molto diverso, qualcosa che oggi non esiste e che fatichiamo anche ad immaginare. Un cambiamento di approccio e prospettiva salutare e necessario. Un po’ come, a partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, alcuni medici, politici, studenti e attivisti, legati spesso a esperienze partigiane, immaginarono un Servizio Sanitario Nazionale che fornisse cure gratuite di qualità per tutti. 

Ecco la nostra ipotesi, le nostre linee guida, la base di un proposta da sviluppare insieme per il futuro del Patrimonio culturale italiano. Una proposta in sei passi, piccoli e decisi:

  1. Affrontare e superare l’emergenza. Istituire un reddito fino al termine dell’emergenza economico-sociale, più o meno il tempo necessario per portare a termine i punti 2-5. Si tratta di un tempo lungo anni, che non possiamo quantificare ora, ma certo molto più lungo dell’emergenza sanitaria e della quarantena. Sempre nello stesso periodo, creare un bando statale importante che metta al lavoro da remoto più professionisti della cultura possibili, chiaramente pagati. NB: questo punto vale per moltissimi altri settori oltre a quello culturale
  2. Ottimizzare e migliorare. Correggere ed eliminare ciò che non ha funzionato. Attraverso un sistema di benefit e vincoli, obbligare le imprese e le fondazioni che chiedono aiuti statali ad adattarsi a lasciar perdere subappalti e simili, ad assumere, etc, adattandosi alle nuove regole (punti 3 e 5). In caso contrario dovranno lasciare il campo. Reinternalizzare gli introiti e i servizi ove necessario, stabilizzare il personale che desidera essere stabilizzato (e rispetta determinati standard), rivedere le leggi sbagliate o troppo deboli.
  3. Formulare un Piano. Costituire immediatamente tavoli con associazioni, imprese, enti locali, istituzioni, che in qualche mese scrivano un enorme Piano per la Cultura italiana. Il Piano deve rispondere a domande che vanno dal generale al particolare, stabilendo linee guida e fabbisogni a cui attenersi: cosa deve essere la cultura nel periodo post virus? come si trasformerà il turismo? chi deve occuparsi di questo e quest’altro, e perchè? Qual è il fabbisogno specifico di ogni istituto, cosa manca? Quando e come è accettabile il volontariato? E tante altre ancora.
  4. I mezzi necessari ad attuare il cambio. Creare un fondo straordinario molto, molto ricco, che divenga poi permanente e rinnovato ogni 3-5 anni, a cui sia gli istituti sia i comuni e le regioni possano attingere, in modo virtualmente illimitato, ma solo sulla base di progetti precisi (quindi fatti scrivere da professionisti) che combacino con quanto riportato nel Piano. Anche enti privati potranno attingere a questo Fondo, ma solo rispettando i vincoli e gli impegni stabiliti nella Carta (punto 5).
  5. La Carta, un nuovo patto. Lo Stato, sentiti enti locali e associazioni, ma con assoluta indipendenza, deve scrivere una Carta italiana della Cultura a cui tutti gli enti pubblici e gli enti privati che vogliono gestire o solamente lavorare con e nei beni pubblici ed essere accreditati dallo Stato debbano attenersi: vincoli ai contratti, blocco dei subappalti, fondi straordinari in determinati casi, obiettivi comuni, precisi impegni sociali e culturali, rapporto con i territori etc
  6. Creare un Sistema, il Sistema Culturale Nazionale. Fatto quanto descritto ai punti 3-5, in qualche anno si potrà andare a grandi passi verso il Sistema Culturale Nazionale: coordinamento totale tra istituti pubblici e privati, civici e statali, standard minimi garantiti (orari di apertura, servizi offerti, numeri e competenze del personale impiegato), trasformazione dei luoghi della Cultura in servizio pubblico effettivo, attivo sul territorio e aperto ai cittadini con orari e modalità consone e definite.

    Sono idee molto, molto generiche, molto ampie, ma volevamo che fossero così, in modo da poterle discutere insieme, ottenendo spunti e consigli. Sono idee che discuteremo domenica alla nostra assemblea nazionale, e che pian piano struttureremo e preciseremo, fino a farle arrivare al tavolo del Governo. Ma quelli che abbiamo delineato in queste righe sono cambiamenti netti e strutturali, e dunque buone basi per costruire un futuro, per il Patrimonio culturale e i suoi lavoratori, che non somigli a un passato a dir poco fallimentare. 

    Abbiamo bisogno di idee, immaginazione e competenza, non di tornare alla situazione di due mesi fa, foss’anche possibile. Iniziamo insieme questo percorso.

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