In due successivi interventi datati 6 ottobre, il Ministro Franceschini appare sempre più lontano dalla realtà, finendo a proporre la digitalizzazione dei borghi.

Sono diverse settimane, se non mesi, che appuriamo una certa confusione nell’operato del Ministero dei Beni Culturali di fronte ai danni del lockdown. Ne avevamo parlato ad esempio qui, e qui, e qui. Ma è su come spendere i fondi del Recovery Fund che si stanno toccando vette che sarebbero piuttosto divertenti, se non fosse che si sta perdendo una occasione più unica che rara per rilanciare e riformare l’intero sistema culturale.

Il punto più alto è arrivato nel corso della giornata del 6 ottobre, in due successivi interventi del Ministro. Il primo, nel corso della conferenza di presentazione delle giornate FAI (minuto 19 ca.), è stato caratterizzato da due dichiarazioni a dir poco opinabili. Prima l’operato del FAI è stato indicato come “via da seguire”, sovvertendo il ruolo guida che, per forza di cose, il Ministero ha rispetto alle organizzazioni private, e ignorando il fatto che il FAI è al centro di aspre polemiche dato il sistematico utilizzo di lavoro gratuito. Poi il Ministro ha detto che “soprattutto realtà come il FAI” hanno subito le conseguenze della pandemia: frase a dir poco infelice dato che il FAI, con un largo patrimonio immobiliare, un bilancio di 33 milioni e solo 255 dipendenti, ha sicuramente sofferto la situazione, ma molto meno di tutti gli istituti o le realtà che rischiano di non riaprire e di tutti coloro che si sono trovati senza lavoro, senza reddito e senza prospettive.

Ma è stata l’intervista nell’ambito di “Made in Italy: The Restart”, evento a cura de Il Sole 24 Ore, quella in cui il Ministro ha toccato picchi di scollamento dal reale molto rilevanti, spiegano che il suo obiettivo è “la digitalizzazione dei borghi”. Non stiamo esagerando in nessun modo, potete ascoltare voi stessi l’intervista per intero, con la parte più interessante che si concentra negli ultimi minuti.

Per il nostro Ministro dei Beni Culturali (dal minuto 7 circa) “ognuno dei borghi appenninici, trasferito in un altro Stato, sarebbe un grande attrattore turistico. Perchè sono borghi pieni di storia, di tradizione, di cibo, di folklore […]” e poi spiega che “sarebbe interessante, nell’ambito di un incrocio con la digitalizzazione dei borghi, farli diventare hub per centri di ricerca per grandi aziende internazionali, magari un borgo oggi disabitato”. E poi ancora, spiega che per portare turismo internazionale nel Sud, dove c’è “Pompei, Napoli, la Sicilia, i Bronzi di Riace, Matera (sic!)”, bisogna costruire linee ad Alta Velocità perché “un turista che arriva una volta nella vita, dalla Cina o dalla Russia, vuole, da dentro l’aeroporto, salire su un treno Alta Velocità e in poche ore arrivare in tutti i punti del Paese”, e poi ancora parla di “500km di spiaggia danneggiati” sulla costa adriatica da un binario dell’800. E conclude “sono le cose su cui io sto insistendo perchè quello è quello che farà veramente decollare il Sud e porterà milioni di turisti nel Sud del Paese”.

Ora, sul fatto che un borgo si possa digitalizzare, sospendiamo il giudizio, forse il Ministro vuole spostare online i borghi dato che il suo piano per l’Alta Velocità prevederebbe di traforare una serie di montagne su cui quei luoghi sorgono. Ma per il resto non capiamo davvero come si possa pontificare tenendosi così tanto lontani dalla realtà. 

L’Italia non ha bisogno di attrarre turisti che “una volta nella vita” vogliano attraversare il Paese in 4 ore, e se dobbiamo dirla tutta, questi turisti che atterrati a Fiumicino (per la prima volta) invece che passare per Roma non vedano l’ora di prendere un treno AV per Palermo non sappiamo dove il Ministro li abbia conosciuti: esisteranno, ma non devono essere molti. I turisti che ci interessano sono quelli che spendono tempo sul territorio, che lo conoscono, che lo scoprono, lo rispettano, il più possibile tornandoci con continuità. E, come dimostrano i dati sul turismo ad esempio a Salerno (raggiunta dall’AV, e poco toccata dal turismo) e a Lecce (lontanissima dall’alta velocità, e divenuta una delle principali mete turistiche del Mezzogiorno), la relazione tra treni veloci e turismo è molto molto marginale. Ciò non significa che non ci sia bisogno di nuove e più moderne infrastrutture, ma che queste debbano essere commisurate alle reali esigenze: è importante poter andare da Napoli a Bari in poche ore, ma che sia il caso di spendere 6 miliardi per un treno che impieghi 2 ore invece di 3, è decisamente dubbio.

Per quanto riguarda il binario dell’800 che “danneggia 500km di costa”, chi ha attraversato abitualmente l’Adriatico da nord e sud sa che parlare di “danneggiamento della costa” per due binari appare un filo esagerato: sono altre le cose che danneggiano il paesaggio. Spostare la ferrovia, ovviamente, si può fare e si deve valutare, ma ci si chiede se un’Alta Velocità spostata sull’interno, in area non pianeggiante, non possa danneggiarlo ancor di più.

Attendendo di sapere cosa sia questa digitalizzazione dei borghi di cui parla il Ministro, auspichiamo anche che inizi a occuparsi del suo Ministero, dato che creare hub per aziende e fare treni non è competenza del Ministro dei Beni Culturali. E sarebbe il caso che iniziasse a chiedere dei fondi per il settore culturale, non per altri affari. 


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