Lo stiamo vedendo già in questi giorni: se la ripresa è difficile, lo è ancora di più la ripartenza di tutti gli istituti culturali. Ad oggi, a Firenze, ci sono ancora musei importanti rimasti chiusi (primo fra tutti, il Museo Nazionale del Bargello), mentre gli altri procedono a scartamento ridotto, con orari dimezzati o peggio, accessibilità limitata, personale al minimo. Poche biblioteche hanno riaperto, così anche alcuni archivi, e offrono un servizio quasi inesistente, che in molti casi si riduce a 20 ore circa la settimana, solo per prestito e restituzione. Di fatto il rispetto delle norme di sicurezza e l’endemica mancanza di personale (problema ben più antico del Covid!) rendono praticamente impossibile la completa riapertura di questi luoghi, con conseguenze drammatiche sui lavoratori e sugli utenti – ad esempio, rischiando di paralizzare un altro mondo precario, quello della ricerca, per un tempo attualmente indeterminato. La gravità della situazione è tale che da alcune settimane i cento lavoratori in appalto delle biblioteche comunali fiorentine sono entrati in stato di agitazione, una crisi nella crisi generata della politica scellerata delle esternalizzazioni.
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