Tra i due musei è stato annunciato un partenariato per cui Capodimonte presterà al Louvre sessanta opere, ma non è chiaro che vantaggi ne avrà in cambio.

In questi ultimi mesi i musei della Campania al centro di numerose attenzioni: l’annuncio di Franceschi di voler trasferire la sede della Biblioteca Nazionale della città, poi la riesumazione di un vecchio progetto per portare l’alta velocità a Pompei e non è stato da meno l’annuncio della partnership tra il Museo di Capodimonte e il Louvre di Parigi.

Il 14 giugno scorso, infatti, è stata annunciato da Laurence des Cars e da Sylvain Bellenge, rispettivamente direttori del Louvre di Parigi e del Museo di Capodimonte di Napoli, un nuovo partenariato tra le due istituzioni. Il patrimonio custodito a Napoli è inestimabile ma, a seguito di questo accordo, dal prossimo anno sarà difficile visitarlo: il museo, infatti, presterà al Louvre  sessanta opere, a partire da giugno 2023 e per un periodo complessivo di sei mesi. Alcune delle opere che saranno inviate in Francia comprendono il Ritratto di giovane donna (o Antea) del Parmigianino, la Crocifissione di Masaccio, la Trasfigurazione di Giovanni Bellini, la Danae di Tiziano e la Flagellazione di Caravaggio. A seguire, il 19 giugno, il Museo ha ventilato l’ipotesi di chiudere due anni per permettere lavori di manutenzione e ammodernamento.

Capodimonte e il suo direttore franco-americano Sylvain Bellenger, in carica dal 2016, non sono nuovi  a queste iniziative: nel 2020 erano stati inviati quaranta dipinti a Forth Worth, nei pressi di Dallas, in Texas, per due mesi. Anche in questo caso si trattava di opere essenziali per la collezione ospitata dal Museo e che, una volta terminata l’esposizione, tardarono a ritornare a casa. Ma ancora prima, nel 2018, il direttore Sylvain Bellenger permise lo spostamento di altre opere a Houston, sempre nel Texas.

Dario Franceschini non ha esitato a commentare la situazione con entusiasmo: “la scelta compiuta qualche anno fa di riconoscere completa autonomia di gestione ai grandi musei italiani si dimostra, ancora una volta, vincente perché offre grandissime opportunità come quella che aprirà ‘una vera stagione napoletana a Parigi”.

L’idea di questo partenariato, però, non sembra essere così vincente: se infatti al Louvre godranno dell’arte custodita a Napoli, accompagnata da concerti e spettacoli che vedranno anche la partecipazione di musicisti e cantanti del Teatro San Carlo di Napoli, non è invece ben chiaro cosa ci guadagnerà Napoli che, oltre ad inviare sessanta opere – tra cui trentatre dipinti – chiuderà le sale. Non è dato saperlo, visto che nel comunicato stampa ministeriale vengono citati solo i benefici per la Francia.

I lavori di manutenzione riguarderanno operazioni di restauro e riqualificazione del Museo e del Bosco di Capodimonte e dei relativi servizi: verrà aperto un nuovo ristorante, sarà implementato l’impianto di illuminazione e di climatizzazione, i tetti verranno risanati, e via dicendo. Non è ancora chiaro se i lavori faranno chiudere l’intero Museo per due anni o se, di volta in volta, verranno chiuse solamente le aree dell’edificio interessate alla ristrutturazione, ma quello che è certo è, una volta conclusi i lavori, la gestione degli impianti sarà in mano ad un privato per venti anni.

Il Comune di Napoli aveva già dichiarato, nei primi mesi dell’anno, la volontà di “voler avviare cantieri di restauro in questi siti, per poi consegnarli ad una gestione pubblico-privata”, introducendo quindi un modello che ha come scopo solo quello di portare benefici al privato a scapito della fruizione pubblica.

Ad aggravare tutto ciò, vi è anche la situazione lavorativa: a tal riguardo, il direttore del Museo di Capodimonte afferma che siamo sotto organico del 70 per cento. Per fare un esempio il Prado ha 32 storici dell’arte, noi solo uno. Ma risolviamo alla napoletana: con un entusiasmo introvabile altrove e la necessità, per ciascuno di noi, di farsi in quattro.Secondo le stime, mancano il 60% dei custodi e il 90% dei curatori scientifici: i concorsi pubblici latitano e i pochi bandi di selezione che vengono emessi sono a tempo determinato, così il personale in carica è costretto a lavorare con ritmi frenetici, anche di 13-14 ore al giorno.

I prestiti internazionali, lo svuotamento delle sale, il rinnovamento continuo, i cantieri, i comunicati stampa, sono tutti marchi di fabbrica della riforma Franceschini, che ha visto a Napoli una delle città laboratorio, non solo a Capodimonte ma anche al Museo Archeologico Nazionale. Certo non avevamo ancora visto una esposizione all’estero unita da chiusura biennale, l’asticella si alza: sono conseguenze di politiche scellerate che prescinderanno dal prossimo ministro, dati gli accordi presi. Ma sono politiche su cui il ministro uscente punta tutto, tanto da scegliere di candidarsi al Senato proprio a Napoli. Non è chiaro quanto la cittadinanza abbia apprezzato di vedere i maggiori musei statali svuotati periodicamente, e quanto apprezzerà questo supposto “partenariato” che consegnerebbe il meglio di Napoli al già ricchissimo Louvre. 


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