Riesumato il progetto per portare l’alta velocità a Pompei, ma è davvero necessario?

Il Ministro della Cultura Dario Franceschini, in una recente intervista, ha fatto luce su alcuni progetti riguardanti il rilancio culturale della Campania: dichiara la volontà di stanziare dei fondi per lo spostamento della Biblioteca Nazionale di Napoli, così come viene riesumato anche un vecchio progetto di 7 anni per portare l’alta velocità agli scavi di Pompei. Di questo secondo progetto vogliamo trattare oggi.

Un progetto poco chiaro

L’hub ferroviario, voluto dal Ministro delle Infrastrutture e dal Ministro dei Beni Culturali, permetterebbe ai turisti di raggiungere direttamente da Roma il sito archeologico, che nel 2019 prima della pandemia accoglieva poco meno di 4 milioni di visitatori annui.

Sono anni che l’hub pompeiano divide. Proposto per la prima volta nel 2015 ma mai iniziato, prevede la costruzione di un nuovo edificio al di là di Porta Stabiana, che avrà il compito di collegare la linea circumvesuviana Napoli-Sorrento e la linea RFI Napoli-Salerno. Non è dato saperne molto di più: stando ai numeri, si parla di 1500 m² di stazione su 2 livelli, collegata direttamente con gli scavi tramite una via pedonale di 200 m, così come di un parcheggio di 200 posti per una spesa totale di 33 milioni di euro. Così, gli Scavi verrebbero collegati all’alta velocità, eliminando il cambio a Napoli per i turisti che vengono da Roma.

L’ambizioso progetto pone già però varie problematiche, a partire dall’assenza di logica. Con questo progetto si fa viva la preoccupazione di vedere i flussi turistici massificarsi ancora, a scapito degli altri siti dell’area vesuviana che soffrono disparità di visitatori. In che modo portare masse di turisti direttamente dentro agli scavi di Pompei, senza nessun tipo di passaggio per il territorio circostante, porterebbe beneficio al territorio e ai suoi cittadini? Ma, oltre a questo – enorme – dubbio sulla logica e la coerenza del progetto, l’impresa ha anche altre falle, tecniche e logistiche.

La complessa situazione ferroviaria di Pompei

Pompei, 25.000 abitanti, può contare su tre linee ferroviarie che la collegano a Napoli, Sorrento o Salerno. C’è davvero bisogno di una stazione nuova di zecca, da sommare alle tre già esistenti? In più, le frecce che ci dovrebbero arrivare da Roma saranno costrette a cambiare passo una volta superata Napoli, dato che i binari che la collegano con Pompei non sono adatti all’alta velocità. Non si tratta quindi neanche di portare realmente l’alta velocità a Pompei, bensì di renderne il collegamento da Roma diretto e quindi facilitato. Con l’effetto di portare più turisti, più velocemente, a visitare gli scavi, rischiando di saturare un sito che ha visto il suo pubblico allargarsi nell’ultimo decennio pre-pandemico. A condizione, ancora, che le compagnie ferroviarie ritengano che la domanda giustifichi la perdita di tempo di passare per Pompei, il che potrebbe verificarsi soltanto nel periodo estivo.

Il rischio di sperpero di fondi pubblici appare ancora più evidente quando si pensa ai pesanti tagli di servizio subiti dai treni della circumvesuviana che già servono la città. Treni che possono inorgoglirsi di aver raggiunto il primo posto della classifica pubblicata da Legambiente nel 2019, avvalendosi il titolo di “peggior treno pendolare d’Italia”. Con l’avvicinarsi dell’estate e il ritorno, numeroso, dei turisti che si sommano agli utenti delle linee vesuviane, l’EAV (Ente Autonomo Volturno, che gestisce la rete) ha scaricato la responsabilità dei disservizi sui lavoratori, accusandoli in un post di “volere il caos”. Per l’ente, i disservizi sarebbero dovuti al rifiuto dei macchinisti di guidare 30 minuti in più al giorno, mentre certi lavoratori lamentano già 45 minuti al giorno di straordinari, dovuti ai ritardi per gli impianti ormai vecchi. Intanto, la situazione è diventata così ingestibile da spingere l’azienda a chiudere la linea Napoli-Poggiomarino fino al 31 agosto, con un preavviso di neanche 24 ore ai lavoratori che ne dipendono e dovranno accontentarsi degli autobus sostitutivi. Ma per la politica meglio guardare altrove e preparare il terreno per l’alta velocità.

Cementificazione e massificazione

L’hub ferroviario entra quindi in contraddizione con gli obbiettivi di valorizzazione e di accessibilità all’intero territorio vesuviano, la cosiddetta “buffer-zone” composta da nove comuni adiacenti al parco archeologico di Pompei.

Laddove gli scavi di Pompei dovevano fungere da traino per un’intera rete di siti e musei disseminati sul territorio, i numeri la dicono lunga: considerando l’anno 2017, in cui sono disponibili i dati per l’insieme dei siti e musei, sappiamo che l’84% degli ingressi vanno al sito di Pompei. Con un treno diretto da Roma a Pompei, non si incentiva un turismo lento che prenda il tempo di scoprire gli altri siti del territorio, bensì un turismo mordi-e-fuggi che da Roma viene in giornata a Pompei e si limita a visitare gli scavi prima di fare ritorno alla capitale. 

E non basta. Per permettere alla nuova stazione di sorgere, saranno infatti necessari diversi sfratti e la cementificazione di un’intera area, con la costruzione di un enorme parcheggio. Decisione che, in un 2022 in cui si fanno sempre più sentiti i problemi dei cambiamenti climatici, appare per lo meno poco lungimirante. Nella prospettiva di una transizione ecologica efficace, incentivare gli spostamenti in treno non deve farsi a qualsiasi costo, ambientale o economico. Senza parlare della vicinanza del sito archeologico, che impone agli abitanti di rispettare numerosi vincoli costruttivi, che sembrano volatilizzarsi quando si tratta di maxi progetti calati dall’alto.

In sintesi, costruire una nuova stazione a Pompei rischia innanzitutto di accelerare la massificazione di un turismo concentrato su Pompei, difficile da gestire e poco valorizzante per i comuni limitrofi e le loro economie; non pare avere senso dal punto di vista logistico, data la rete ferroviaria esistente, né prioritario, date le carenze della rete esistente, usata ogni giorno dai residenti dell’area; e infine prevederebbe la cementificazione di una vasta area adiacente il Parco archeologico. Perché, quindi, periodicamente questo progetto – chiaramente insensato e contrario agli interessi del territorio – viene riproposto da politici locali e nazionali?


0 Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *