appello-chiusura-luoghi-cultura

Gli ultimi due DPCM emanati dal Governo – quello del 25 ottobre e quello del 3 novembre – hanno inciso in maniera dura sul settore culturale prima che su tanti altri settori, prevedendo prima la chiusura diretta e indistinta di teatri, cinema e circoli culturali, poi di musei e mostre, biblioteche e archivi.

“Ciò non solo ha messo in ginocchio categorie di lavoratori già fortemente colpiti, ma ha reso esplicita la miope visione che sta alla base dell’azione di Governo, che punta a tutelare a tutti i costi la produzione e i consumi senza una consapevolezza dei rischi che si corrono a fare a meno di tanti e tali presidi culturali e sociali per settimane o mesi. Tale modello relega la cultura a tempo libero, a svago, passatempo, cosa che ha accompagnato la narrazione in questi decenni di tagli e marginalizzazione della stessa, ma è una visione fuorviante e pericolosa” – spiega Alice Checchia, studentessa di antropologia e attivista di un circolo culturale a Bologna – È per questo che insieme a  Mi Riconosci? Sono un professionista dei Beni Culturali abbiamo deciso di lanciare l’appello Non è tempo libero, è il tessuto vivo delle nostre città per chiedere al Governo una gestione vera di una situazione sempre meno emergenziale e sempre più sistemica”.

L’appello non guarda al solo mondo degli istituti culturali e dello spettacolo, ma guarda in maniera trasversale a diverse categorie che, spiegano i promotori – “svolgono servizi essenziali per le nostre comunità, dai circoli, alle associazioni, ai teatri e ai cinema di quartiere, fino alle società sportive, tutte colpite dalle chiusure già da settimane”.  

I primi firmatari dell’appello sono sia diversi circoli e centri culturali locali, sparsi su tutto il territorio nazionale, sia realtà nazionali quali Arci, il Forum dell’arte contemporanea italiana o Link Coordinamento Universitario. 

“Vedere le piazze piene e la situazione sanitaria peggiorare mentre siamo da settimane privi di spazio culturali ci impedisce di stare a guardare  – conclude Daniela Pietrangelo, educatrice museale e attivista di Mi Riconosci – Si tratta di una battaglia complessa e ampia, per un modello sociale inclusivo, basato sull’accessibilità, la partecipazione, la condivisione. Non possiamo permettere che qualcuno venga lasciato indietro in una situazione già molto difficile. Non possiamo fare a meno di servizi essenziali per mesi, senza un piano”.

L’appello, che si può leggere a questo link, può essere firmato da associazioni, circoli, spazi sociali, istituzioni culturali e sportive di qualsiasi genere. 

Per firmare inviare una mail a miriconosci.beniculturali@gmail.com.