Dopo aver appreso la notizia relativa alla chiusura del mandato presso la Direzione Generale, il giorno 6 luglio abbiamo inviato alcune domande il direttore uscente Antonio Lampis per capire come lasci il nostro sistema museale e quali siano a suo avviso gli interventi da fare in futuro.

Abbiamo deciso di pubblicare le domande esattamente nella forma da noi inviata al direttore e le risposte come le abbiamo ricevute, lasciando quindi al lettore ogni riflessione.

1) Lei ha lavorato molto per il nostro sistema museale, eppure la situazione dopo tutto questo impegno, è ancora drammatica. Ha avuto modo di sottolineare in altre testate quanto fatto, noi le chiediamo: c’è qualcosa che si rimprovera, con il senno di poi?

Mi rimprovero che a giovani così attenti, così come ad alcuni giornalisti e persone che scrivono sui media e ad alcuni sindacati non si è ancora del tutto chiaro esistono questioni, la gran parte di quelle rimaste da risolvere, che non ricadono sulle funzioni del direttore generale musei ma su quelle delle direzioni generali competenti per risorse finanziarie e per  il personale e soprattutto sono causate da vincoli di norme con valore di legge superate che ora è effettivamente urgente attualizzare.

È vero che una parte della situazione è ancora drammatica, ma molto è stato fatto in questi tre anni e di seguito vi posso fornire una breve sintesi di quella che sarà la mia relazione di esito.

Ho cominciato il mio lavoro di guida della Direzione generale Musei con grande interesse per il sistema museale statale e nazionale investito da una intelligente riforma, quella del 2014. Non ho inteso l’incarico come una tappa di “carriera” non una poltrona su cui sedere, ma un percorso in un lavoro di squadra per far sì che i musei siano sempre di più punto di riferimento per lo sviluppo spirituale e culturale di chi vive intorno ad ogni museo e dei tanti visitatori di più lontana provenienza.

Lascio l’incarico con i musei statali che negli ultimi anni (fino all’inizio della pandemia COVID19) hanno portato 27 miliardi di euro all’anno in ricavi per il sistema paese (dato del 2018, cresciuto certamente nel 2019). Tali ricavi scaturiscono dall’indotto degli oltre 240 milioni di euro incassati, dai milioni di turisti attratti (su 123 milioni di arrivi 24 milioni dichiarano di venire a visitare l’Italia per i musei statali). I turisti rappresentano la metà dei visitatori e quindi l’enorme crescita degli ultimi anni è un’enorme crescita anche dei concittadini quali visitatori dei musei. Per raffronto: l’agricoltura genera il 2,1 percento  del Pil, le costruzioni il 4,8  percento .

I musei statali sono giunti a generare più di 30.000 posti di lavoro pur esponendo solo il 6 percento  delle opere, in considerazione dell’ampiezza del patrimonio italiano che non ha eguali nel mondo. Purtroppo spesso lavori precari e non ben retribuiti come l’importanza della cultura in Italia renderebbe utile e necessario. Per raffronto: l’agricoltura genera il 2,1 percento  del Pil, le costruzioni il 4,8.  Nel 2019 è emerso che il 56 percento  dei musei hanno fatto ricerche e pubblicazioni, il 49 percento  dei musei hanno fatto restauri di opere, un dato che con poca spesa potrebbe crescere e quasi raddoppiare.  I musei statali nel 2019 hanno coinvolto 7 milioni di studenti e 3 milioni di persone per servizi educativi per adulti. Gli studi di impatto richiamati (BCG, vedasi oltre in dettaglio) sono su base decisamente prudenziale in gran parte riferita all’indice WTTC. I direttori dei musei autonomi hanno avuto un ruolo molto importante nel cambiamento così come quelli degli ex Poli museali e aldilà dei dati sui visitatori e sull’indotto economico merita rilievo l’estendersi della presenza dei musei nel percorso di vita di milioni di persone, la presenza sui  media, la grande e rapida moltiplicazione delle relazioni tra i musei e il tessuto sociale che ha generato l’evidente ed  enorme sviluppo culturale tra concittadini e visitatori, come chiede l’articolo 9 della Costituzione.

Dall’insediamento alla fine del mandato il rapporto tra lo scrivente e i direttori è stato personale, diretto e quotidiano, anche per sopperire alle gravi carenze organiche soprattutto tra i funzionari amministrativi e in altre funzioni strategiche dell’attività museale.

Il mandato si è svolto in un periodo particolarmente critico per il Mibact, in tre anni si sono susseguiti: 3 DPCM di riorganizzazione del Ministero, 4 segretari generali,   3 Capi di Gabinetto, 3 diversi mandati da Ministro.

La competenza del Turismo del Mibact è uscita e poi ritornata.

* la risposta prosegue in basso con la sintesi dei principali risultati

2) Oggi il nostro sistema museale, statale e non, esternalizza i suoi servizi aggiuntivi ed essenziali, spesso a causa della semplice volontà di ottenere un risparmio, più che un adeguato sistema di costi e benefici. Crede che ci siano le condizioni per ottenere un sistema diverso, in cui l’esternalizzazione avvenga solo in condizioni di oggettivo vantaggio collettivo di medio e lungo termine, in particolare se arrivassero fondi straordinari dall’Europa per far fronte alla crisi attuale?

Sì. Tutto l’equilibrio delle funzioni da esternalizzare e soprattutto gli strumenti giuridici delle esternalizzazioni vanno riviste. Uno degli obiettivi fondamentali deve essere quello di fornire nuovi, qualificati e meglio retribuiti posti di lavoro, nella consapevolezza del ruolo della cultura per l’Italia e con l’ambizione che gli effetti di politiche culturali avanzate e rinnovate possano rendere l’Italia un laboratorio utile per diffondere gli stessi scopi in Europa, mettendo la cultura al centro dell’agenda politica europea..

3) Nelle linee guida diffuse nel mese di maggio ha scritto che i musei “sono servizi pubblici essenziali aperti al pubblico quando ricevono dalle competenti direzioni generali organizzazione e bilancio, risorse umane e finanziarie idonee a garantire la sicurezza dei lavoratori e dei visitatori”.  Crede quindi che sia necessario rivedere la legge 182/2015 che li definisce servizi pubblici essenziali, dal momento che circa il 40% dei musei è chiuso da mesi? Ritiene sia meglio aprire i musei in condizioni inadeguate, ad esempio senza poter offrire servizi educativi di qualità, per poche ore alla settimana o mantenerli chiusi in modo da lanciare un segnale allo Stato e alla cittadinanza, come sta facendo ad esempio la Fondazione Musei Civici di Venezia?

Non voglio esprimermi su Venezia, ma ritengo che in questa grave situazione di crisi, dovuta in parte determinante ai pensionamenti e al Covid, ogni scelta di aprire debba essere valutata caso per caso, nel contesto in cui essa avviene. La legge 182/2015 è stata un tassello fondamentale nel percorso necessario a far considerare il sostegno alla cultura come parte del welfare e non è giusto metterla in discussione per una situazione contingente, certamente  difficile, ma che potrà essere risolta. Molte assunzioni sono previste, altre semplificazioni che mi auguro avvengano anche  con l’impegno del Parlamento potranno aiutare, soprattutto  nel rapporto più semplice e chiaro con i privati e nelle procedure di governance ed in quelle di  spesa.

4) Durante un nostro colloquio ci ha spiegato che la sua Direzione Generale ha una carenza di personale del 70%. Con una carenza simile, è evidente che sia difficile, se non impossibile, coordinare e pianificare l’attività dei musei italiani in modo organico, tanto che il suo successore si è già affrettato a dire che alcuni piccoli musei “è meglio che aprano un giorno alla settimana”. Quale futuro immagina per le direzioni generali, con tante e tali limitazioni a livello di risorse umane?

Il dato del 70 % era riferito alle funzioni contabili. La carenza generale è comunque molto grave. Immagino un futuro migliore, per il quale credo esistano già molte premesse. Come ho detto in una recente intervista occorrono norme di legge per accelerare assunzioni, possibilmente in profili anche di migliore qualificazione e retribuzione. In 23 anni di dirigenza in ambito culturale la migliore soddisfazione è stata nel vedere quanti miei  giovani collaboratori o studenti sono oggi in posizioni importanti per lo sviluppo della cultura.

5) Uno dei problemi più spinosi del nostro settore è legato alla raccolta dei dati. Come abbiamo anche noi più volte lamentato, trovare dati specifici o raccolti seguendo una corretta metodologia scientifica è sempre molto difficile. Questo è ancora più problematico quando si pensa al settore turistico: a oggi è virtualmente impossibile distinguere con precisione un turista che entra in un museo da un cittadino. Esistono dati che la Direzione generale musei raccoglie ma non riesce (o non può) pubblicare? Non ritiene che sia necessario, per parlare con coscienza di politiche culturale, possedere dati specifici sul settore?

I dati sono fondamentali, molti sono raccolti con metodo scientifico, ad esempio da Istat, molto si può migliorare. La dg Musei sta per pubblicare gli esiti di un questionario seguito da Ludovico Solima e Annalisa Cicerchia. Le nuove norme e le ultime gare prevedono la proprietà condivisa dei dati delle biglietterie, altre forme di raccolta dati sono state implementate in collaborazione con diverse  università. Importante sarà il ruolo della nuova direzione generale per la Digital Library, affidata ad una grande esperta come Laura Moro.

6) Tenendo conto dei tanti problemi che affliggono gli istituti museali del nostro paese, dalla mancanza di pianificazione, alla carenza di organico (35% di personale in meno per la custodia, vigilanza e accoglienza e il 32% per i funzionari), della scarsa accessibilità al patrimonio sia digitale che fisico/sensoriale (solo il 10% le strutture che dispongono di un catalogo scientifico digitale del proprio patrimonio, numerose strutture espositive presentano ancora barriere fisiche e sensoriali), ai siti archeologici e museali meno noti, quelli che da sempre sono in sofferenza e ora sono maggiormente in difficoltà, nonostante le riaperture post lockdown, quale secondo lei è l’intervento più urgente da risolvere in questo momento, che il suo successore dovrebbe affrontare per primo?

Alcuni dati che citate provengono da un report Istat del 2018, nel frattempo sono stati fatti avanti, soprattutto nel campo della  pianificazione e della  accessibilità. Al mio successore, che è un dirigente di grandissima esperienza, posso solo consigliare di guardare il bicchiere mezzo pieno e non scoraggiarsi, poiché nella dg musei, nelle direzioni regionale  e nei musei autonomi ci sono persone eccellenti che  lavorano con passione e sacrificio. I progressi ci sono  stati e tanti arriveranno in futuro.

Alcuni dati evocati sono meglio citati qui: http://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/Museo.html


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