Mi Riconosci pubblica il comunicato stampa sulla discussa mostra Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione in corso a Palazzo Ducale a Genova.

Sta facendo molto discutere la mostra Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione promossa e organizzata in Palazzo Ducale a Genova, che intende celebrare l’artista con un’esposizione di circa 50 opere. Il suo curatore, Costantino D’Orazio, è stato da poco promosso a direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria con le ultime nomine ministeriali per i musei autonomi e la mostra viene citata tra i suoi meriti, come riprova delle sue “capacità di studioso”.

Non possiamo che unirci alle critiche mosse da studentesse dell’Università di Genova, divulgatrici e professioniste dei Beni Culturali, che si sono già espresse duramente sull’allestimento e sulla narrazione proposta. “La mostra esalta un trauma della vicenda personale di Artemisia Gentileschi: il primo stupro subito dal collaboratore del padre, il pittore Agostino Tassì” spiega Cristina Chiesura, storica dell’arte e attivista dell’associazione Mi Riconosci “E lo fa attraverso una sala dedicata, allestita a rievocare la stanza in cui avvenne l’aggressione, con letto sporco di sangue, proiezioni video che si tingono di rosso e addirittura audio delle dichiarazioni tratte dal successivo processo, che per Artemisia fu a dir poco umiliante. Questo evento terribile viene trattato in chiave morbosa, spettacolarizzante e a tratti quasi celebrativa, per pura necessità di marketing. Di certo profondamente offensiva e svilente nei confronti di chi queste violenze le ha subite e, ancora oggi, le subisce sulla propria pelle”. Il resto dell’esposizione non ribalta questa narrazione, proponendo un’immagine dell’artista e della donna, che pure visse quasi mezzo secolo oltre l’aggressione, totalmente stereotipata e appiattita sullo stupro.

Come risposta alle critiche, D’Orazio, tirando in ballo presunti rischi di “cancel culture”, ha parlato della necessità in futuro di “tenere conto del piano civico” oltre a quello scientifico. “Al curatore, evidentemente, sfugge il punto: come può la mostra essere adeguata da un punto di vista scientifico se riduce l’artista al proprio trauma, costruendo intorno a quell’unico evento la storia della sua carriera, con l’unico scopo di staccare qualche biglietto in più?” continua Cristina Chiesura. “In questo contesto risulta quindi a tratti surreale la partnership con Komen Italia per promuovere la salute femminile, che appare più come un tentativo di pinkwashing istituzionale. Ed è poi grave che tra gli organizzatori-promotori della mostra, per di più inserita nell’ambito delle iniziative di Genova Capitale Italiana del Libro 2023, ci siano istituzioni pubbliche come il Comune di Genova e la Regione Liguria”. Il presidente Giovanni Toti, sentendosi evidentemente attaccato, ha difeso l’allestimento riducendo le critiche a un tentativo di censura della libertà espressiva del curatore e, in generale, dell’arte. Sorvolando sull’ennesima citazione a sproposito della cancel culture, troviamo sbagliato e pericoloso dire che “in qualunque modo, parlare in un fenomeno che ha lasciato purtroppo una lunga scia di sangue […] come quello dei femminicidi e della violenza di genere è comunque utile”. Conta moltissimo il come. Per trattare certi temi occorrono educazione, rispetto e sensibilità come basi minime. Per rendere giustizia a una grande pittrice come Artemisia Gentileschi occorrerebbero, invece, serietà e rigore scientifico, che in questa mostra purtroppo non vediamo: al loro posto c’è uno spettacolo grottesco e trivialmente commerciale.

Ciò che servirebbe, adesso, sono scuse pubbliche e il disallestimento della “sala dello stupro”, oltre che il coinvolgimento di altre personalità preparate quando si sceglie di affrontare le questioni di genere. Anche se i fatti sono avvenuti nel 1611.

Se hai visitato la mostra e hai vissuto un’esperienza disturbante, puoi raccontarla in forma anonima qui.


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