II.VI STORICO DELL’ARTE

Chi è e che cosa fa

Lo storico dell´arte ha il compito di tutelare e valorizzare alcune categorie di beni culturali  (secondo la nozione giuridica che vede il bene culturale quale testimonianza, materiale od immateriale, avente valore di civiltà, che ai sensi degli articoli 10 e 11 del Codice dei beni culturali e del Paesaggio, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e tutto ciò che è individuato dalla legge o in base alla legge come avente valore di civilità) e le istituzioni destinate ad ospitarle, siano esse pubbliche e/o private, con particolare attenzione allo studio e alla conoscenza di qualsiasi opera che possa considerarsi manifestazione storico artistica.

Lo storico dell´arte si occupa, inoltre, di assistere i restauratori all´interno dei cantieri di restauro, di catalogare i beni culturali (secondo le direttive dell´Istituto Centrale per la Catalogazione e la Documentazione) e di fare ricerca e curare pubblicazioni riguardanti i beni culturali oggetti di studio.

All´interno degli enti – pubblici e/o privati – che ospitano i beni culturali, lo storico dell´arte è chiamato ad occuparsi in particolar modo della conservazione delle opere in essi contenute (come ad esempio, dell´aspetto materiale dell´opera d´arte, la climatizzazione del luogo, la sicurezza delle opere), del loro riconoscimento e studio, del loro allestimento e della loro valorizzazione – attraverso iniziative di promozione culturale, quali mostre temporanee, seminari, giornate di studio, realizzazione di percorsi e materiali didattici – e della gestione del personale, verificando anche le attività svolte dal proprio team di lavoro, anche mediante provvedimenti tecnico- amministrativi.

Quali requisiti professionali chiediamo, e perché

Il percorso formativo degli storici dell’arte si presenta relativamente omogeneo e definito, pur con alcune criticità che saranno evidenziate nel prossimo paragrafo. Per questa ragione, proponiamo che per entrare negli elenchi professionali istituiti ai sensi della legge 110/2014, e per essere considerati storici dell’arte professionisti (questa campagna auspica che i requisiti elencati siano vincolanti per poter svolgere la professione) siano richiesti i seguenti requisiti:

Storico dell’arte professionista:

  • Laurea Magistrale LM-89 Storia dell’arte + 12 mesi di esperienza professionale (si considerano ai fini del conteggio anche tirocini e stage, auspicabilmente da tenersi durante il percorso universitario).
  • Titoli equipollenti.

Incarichi dirigenziali:

  • Diploma di Scuola di Specializzazione in Beni Storico artistici
  • Dottorato di ricerca
  • Titoli equipollenti

Per chi è in possesso di una laurea triennale L-1 in Beni Culturali ad indirizzo storico artistico (con almeno 80 CFU in materie specifiche) proponiamo la qualifica di collaboratore storico dell’arte.

Questi requisiti fotografano la situazione attuale, affatto ottimale e che necessita di alcune riforme strutturali, come spieghiamo nel prossimo paragrafo.

Il percorso formativo, criticità e proposte

Rispetto ad altre professioni analizzate in questo documento, il percorso formativo dello Storico dell’Arte presenta forse meno criticità, ma non è certo scevro da problemi, quali anzitutto l’accessibilità dei corsi post laurea che consentono di arrivare ai più alti gradi della professione.

  • La laurea triennale usuale e “logica” per chi vuole diventare storico dell’arte è la L-1 Beni Culturali, che deve prevedere un percorso dedicato ai beni storico artistici: è importante in questo senso che gli Atenei che offrono tali corsi di studi tentino il più possibile di creare piani di studi relativamente omogenei, pur nel rispetto della libertà e della specificità di ogni Ateneo, per evitare che si creino gravi disparità nell’accesso alla Laurea Magistrale.
  • Per l’accesso alla magistrale LM-89 Storia dell’Arte è necessario che in tutto il Paese si preveda lo stesso numero di crediti specifici (60) per evitare che si creino disparità tra Università e Università basate su criteri arbitrari. Chiaramente deve poter accedere alla suddetta magistrale chiunque sia in possesso dei 60 CFU necessari, anche qualora non provenga da un corso triennale L-1.
  • Auspichiamo che nel corso dei 5 anni di formazione universitaria ogni Ateneo e ogni Corso permetta ad ogni studente di cimentarsi in tirocini formativi, come già avviene in alcuni Atenei e per altre professioni del settore; è fondamentale che gli Atenei si accertino della qualità di questi tirocini, non lasciando gli studenti soli nella ricerca degli stessi (ed evitando il perpetuarsi di abusi e sfruttamenti nei confronti dei tirocinanti). La difficoltà degli storici dell’arte di percepirsi come una categoria professionale scaturisce anche dal fatto che pochi sono i momenti, nel corso degli studi, che permettono di confrontarsi con la realtà professionale.
  • Come per altre professioni, le maggiori criticità riguardano la Scuola di Specializzazione in Beni storico artistici, nata come corso professionalizzante utile a preparare i futuri funzionari ministeriali ma che man mano è venuta meno al suo ruolo (tanto che ormai nei concorsi viene valutata meno di un Dottorato, che ha invece finalità totalmente diverse, volte solo alla ricerca). L´iscrizione e la sua frequentazione presentano dei costi molto elevati – come per qualsiasi formazione universitaria italiana se messa a confronto con quella di altri paesi europei- e spesso rischia di divenire una ripetizione ulteriore di ciò che è stato effettuato durante il percorso di triennale e la magistrale. Il titolo rilasciato dalla Scuola di Specializzazione dovrebbe essere un “titolo preferenziale” per l´accesso alle soprintendenze, enti statali, musei, gallerie, ma spesso non è così e non se ne tiene conto. All´estero, il titolo in questione non è neppure riconosciuto.
  • Oltre ovviamente ai corsi e alla poca spendibilità del titolo, la problematica maggiore della Scuola di Specializzazione sta nel suo non essere pratica: ancora una volta allo studente (peraltro già laureato) dovrebbe essere fornita l’opportunità di lavorare con retribuzione: i tirocini che sono richiesti, invece, non solo sono difficili da reperire, ma spesso sono a titolo gratuito e sfociano a volte vero e proprio sfruttamento. Questi due anni di specializzazione dovrebbero, invece, consentire e facilitare l´accesso al mondo del lavoro, prevedendo lo studio di materie specifiche (quali ad esempio economia e management dei beni culturali, allestimento – che spesso non si studiano durante gli anni universitari canonici- ), ma soprattutto opportunità lavorative retribuite per imparare la parte più pratica del proprio lavoro, così anche da essere occasione per arricchire il proprio curriculum e rendere il titolo realmente formativo e professionalizzante.

Queste sono alcune delle criticità del percorso formativo, che necessita di una riforma ma anche di essere valorizzato dal leggi che rendano vincolante il possesso di questi titoli per poter svolgere la professione di storico dell’arte, come spiegato sopra.


3 Comments

annanica · 09/06/2016 at 12:26

L’ha ribloggato su scritti sull'arte e beni culturali.

VERSO IL RICONOSCIMENTO – MI RICONOSCI? Sono un professionista dei beni culturali · 30/05/2016 at 18:02

[…] II.VI STORICO DELL’ARTE […]

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