Pubblichiamo di seguito la lettera elaborata da Mi Riconosci Marche riguardo la decisione del comune di promuovere l’utilizzo del volontariato per Pesaro Capitale della Cultura 2024

Pesaro, 23/11/2023

Al Ministero della Cultura

Al Comune di Pesaro
(Capitale italiana della Cultura 2024)

Gentilissimi/e,

Chi Vi scrive è l’Associazione Mi Riconosci?, attiva dal 2015 nella tutela del lavoro culturale e nel riconoscimento della professionalità di chi, in Italia, opera nella Cultura. In particolare, siamo le attiviste/gli attivisti delle Marche che, oltre a fare sensibilizzazione sui temi menzionati e portare avanti lotte, istanze e rivendicazioni, nella vita di tutti i giorni sono in prima persona professionisti/professioniste dei Beni Culturali.

Il nostro è uno dei settori che negli ultimi trent’anni ha più pagato i continui tagli alla spesa pubblica e, di conseguenza, uno dei più problematici a livello lavorativo-occupazionale. Una delle cause di tale impoverimento risiede nell’oggetto della nostra comunicazione: l’uso (o meglio l’abuso) del volontariato in sostituzione del lavoro retribuito. L’esigenza di una lettera indirizzata al Ministero, promotore e finanziatore di Capitale italiana della Cultura, e al Comune di Pesaro, città vincitrice per il 2024, nasce proprio in riferimento a questo. 

Quel che sta accadendo a Pesaro Capitale italiana della Cultura 2024 è, infatti, un reclutamento massivo di volontari/e promosso dalle amministrazioni pubbliche, le stesse che dovrebbero invece favorire “l’integrazione, l’innovazione e lo sviluppo socio-economico” come dichiarato nella candidatura. Lanciare un bando per la “definizione dell’identità dei volontari/delle volontarie” da arruolare per lo svolgimento della manifestazione – che non si limiteranno ad eseguire compiti di supporto, ma saranno impiegati per attività principali a carattere professionale come visite guidate e laboratori didattico-educativi – è da considerarsi in linea con l’idea di sviluppo socio-economico, di riconoscimento delle competenze e, soprattutto, rispettoso delle figure professionali formate per assumere tali ruoli? La retribuzione di chi si configura, a tutti gli effetti, come un/una professionista della Cultura e offre il proprio tempo e le proprie competenze alla messa a valore della stessa non dovrebbe mai rappresentare un ostacolo da rimuovere per lo sviluppo di una cittadina. E non si tratta di un caso isolato ma di una modalità che, sin da Matera Capitale italiana della Cultura 2019, ha trovato ampio spazio nella progettazione dell’evento e viene sistematicamente riproposta come “modello virtuoso” di gestione. 

Il nostro disappunto è ben circostanziato e affonda le radici nella consapevolezza che, purtroppo, la diffusione del volontariato culturale nel nostro Paese ha raggiunto livelli tali da risultare ormai una pratica normalizzata, alla quale le istituzioni ricorrono quotidianamente per la gestione del patrimonio locale o la realizzazione di mostre, festival ed eventi. Si tratta, tuttavia, di una prassi molto dannosa, le cui conseguenze si ripercuotono sulle condizioni dell’intero settore; nel caso di Capitale italiana della Cultura, poi, assume toni paradossali, poiché proprio tali iniziative dovrebbero essere occasione per valorizzare il patrimonio culturale e chi vi lavora. Il volontariato, infatti, abbassa il costo del lavoro e le retribuzioni di chi opera nel settore, abbassa la qualità dell’offerta in quanto i volontari/le volontarie non sono tenuti/e a garantire elevati standard professionali, genera una grave dispersione delle competenze e un progressivo svuotarsi del valore stesso delle professioni culturali, favorisce il dilagare di lavoro nero e altre forme irregolari, e crea un sistema “classista”, in quanto chi non ha alle spalle un solido welfare familiare o non può permettersi di prestare la propria opera gratuitamente, viene automaticamente escluso dal mercato. 

Non siamo contro il volontariato di per sé. Al contrario, lo riteniamo una pratica encomiabile, che ha rappresentato e rappresenta una risorsa importante per il nostro Paese (si pensi, ad esempio, al supporto dato dai volontari/dalle volontarie durante le emergenze). Tuttavia, crediamo che Capitale Italiana della Cultura sia qualcosa di profondamente diverso: le campagne di reclutamento massivo di volontari/e ci parlano di sfruttamento della forza-lavoro gratuita di giovani e meno giovani, di condizioni inique, di mancato riconoscimento professionale per le migliaia di persone che hanno affrontato una lunga formazione nella speranza di poter mettere le proprie competenze a disposizione dell’arte e della cultura italiane. Ad ogni bando per l’arruolamento di volontari/e da impiegare in iniziative, eventi e manifestazioni culturali, tali competenze e professionalità vengono svilite, umiliate e calpestate. A maggior ragione laddove si tratta di attività che ricevono finanziamenti pubblici e attirano su di sé attenzione mediatica e attrattori economici, come è per Capitale italiana della Cultura. Quello che gira attorno alla costruzione, alla gestione e al successo dei grandi eventi culturali è lavoro a tutti gli effetti: come tale va trattato ed adeguatamente retribuito. Per noi, non può esserci alcuna Capitale culturale dove c’è sfruttamento del lavoro.

Con questa lettera, contiamo di compiere un atto di sensibilizzazione nel richiamare ad uno stop all’utilizzo di volontari/e per Capitale italiana della Cultura. Chiediamo una presa di posizione innanzitutto al Ministero, ma anche ai Comuni e alle Unioni di Comuni vincitori del titolo o aspiranti tali: se davvero immaginate per le Vostre amministrazioni e i/le Vostri/e cittadini/cittadine un’idea di Cultura sostenibile, equa e di rilancio sociale, le grandi manifestazioni culturali che si pongono tali obiettivi non possono svolgersi sulle spalle di centinaia di volontari/e non retribuiti/e. Chiediamo alle stesse di rimuovere dalle proprie strategie comunicative l’idea che lavorare a stretto contatto con il patrimonio storico-artistico del Paese sia una passione o un hobby cui ci si dedica a tempo perso, più che una professionalità da riconoscere e retribuire: è proprio questa retorica ad aver portato, a lungo andare, a giustificare il ricorso sempre più diffuso e intensivo al volontariato. Agli stessi soggetti chiediamo anche di voler rendere Capitale italiana della Cultura un’occasione per parlare anche di cultura del lavoro, e di supportare la nostra lotta al volontariato culturale rendendosi disponibili all’apertura di tavoli di confronto sul tema, così da poter monitorare, analizzare ed arginare il fenomeno (che non si limita a Capitale italiana della Cultura).

Come Mi Riconosci? mettiamo a disposizione le nostre forze e conoscenze per favorire l’elaborazione di strategie alternative che non danneggino il settore. La nostra Associazione è, tra l’altro, promotrice di una proposta di legge (a partire dalla modifica sostanziale della L. 4/1993) per una maggiore regolamentazione del volontariato culturale e per la prevenzione degli abusi.

Certi/e di un Vostro riscontro e speranzosi/e in una Vostra attiva collaborazione in merito, nonché attenzione al tema da noi sollevato, Vi porgiamo i nostri migliori saluti.

Mi Riconosci? – Marche


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