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Nonostante i comunicati stampa, la riapertura dei Musei di Venezia riguarda pochi istituti per pochissime ore a settimana. Privando di reddito e lavoro centinaia di persone.

Sabato scorso 13 giugno, quasi un mese dopo quanto permesso dalla legge, anche i Musei Civici di Venezia hanno riaperto dopo la lunga chiusura causa lockdown. O almeno, così hanno detto ai giornali. Per celebrare l’evento è stata organizzata una sorta di tripla “inaugurazione” a Palazzo Ducale, al Museo del Vetro a Murano e al Museo del Merletto a Burano. D’impatto che i primi a godere di una visita a Palazzo Ducale siano stati 20 operatori sanitari degli ospedali Civile di Venezia e dell’Angelo di Mestre, come omaggio e ringraziamento simbolico da parte della Fondazione Muve (Musei Civici di Venezia). Ermelinda Damiano, presidente del consiglio comunale, ha dichiarato: “Questo momento segna un’altra tappa importante per Venezia che riparte dalle sue eccellenze, dalla bellezza e dalla cultura. La Fondazione Musei Civici restituisce i luoghi simbolo e più preziosi di questa città” e tra foto di rito e la notizia su tutti i giornali dei turisti finalmente di nuovo in coda per visitare Palazzo Ducale, l’intensa giornata si è conclusa nel migliore dei modi.

Ma nonostante l’inaugurazione trionfale a favor di fotografi, non c’è molto di trionfale in questa riapertura. Sì perché tra tutti i Musei Civici di Venezia, solo una ridottissima parte ha effettivamente aperto, 3 su 11 musei, e solo nel weekend. E solo per poche ore. Palazzo Ducale sarà aperto solo dalle 10 alle 18, il Museo del Vetro a Murano dalle 11 alle 17, il Museo del Merletto dalle 12 alle 16, esclusivamente il sabato e la domenica. Ca’ Rezzonico, il Museo del Settecento Veneziano; il Museo di Storia Naturale; Ca’ Pesaro, la Galleria internazionale d’Arte Moderna e gli altri risultano temporaneamente non visitabili. Chiusi a tempo indeterminato. Dal sito della Fondazione Musei Civici Venezia si evince che un escamotage per visitare questi luoghi dal 22 giugno ci sarà, ma solo in determinati orari, per gruppi di massimo 10 persone accompagnati da operatori della Fondazione o prenotando visite a numero chiuso con cinque giorni d’anticipo e accompagnati da guide turistiche.

Qual è la garanzia che la Fondazione Muve, dipinta come eccellenza nazionale per anni, sta cercando con questo sistema di (non) riaperture? Restituire i luoghi simbolo e più preziosi di questa città? Ripartire dalla cultura? Non sembra proprio, l’unico obiettivo parrebbe quello di fare cassa spendendo il meno possibile. Sì, perché in assenza di grandi numeri turistici a fruire dei musei sarebbero soprattutto i cittadini di Venezia, che beneficiano di un ingresso gratuito: perchè dunque permettergli di riappropriarsi dei propri spazi culturali? Niente incassi, perciò veneziani e turisti potranno attendere. Più si chiude, meno si spende. Si spiega facilmente anche la scelta di quali musei riaprire: solo Palazzo Ducale tra i grandi musei, quello che garantisce numeri e su cui si può guadagnare anche con biglietto ridotto, mentre Museo del Vetro e Museo del Merletto, entrambi gratuiti, sono aperture simboliche, per fare numero, che impiegano un bassissimo numero di lavoratori. 

E proprio i lavoratori sono la carne da macello su cui risparmiare, e il vero motivo per cui non si riapre. In cassa integrazione da mesi, solo il 10% dei lavoratori dei Musei Civici è tornato a lavoro, inevitabilmente con orari ridotti a poche ore mensili. Parliamo di centinaia di lavoratori che, come ci hanno spiegato, da mesi vivono di una cassa integrazione che per i part time (circa la metà del totale) è bassissima, poche centinaia di euro, e che comunque, come ci hanno tenuto a sottolineare, “non è eterna”. A questi lavoratori esternalizzati vanno aggiunti tutti gli stagionali, i collaboratori esterni a partita IVA e ritenuta d’acconto, anch’essi falcidiati dalla scelta di riaprire solo con il contagocce. Centinaia e centinaia di persone, spesso con famiglie a carico.

Questo non sta avvenendo solo a Venezia. Ma che avvenga proprio a Venezia, città capoluogo di regione, meta turistica internazionale, dove i Musei Civici, tra i più visitati d’Italia (nel 2018 Palazzo Ducale ha avuto 1,4 milioni di visitatori), sono gestiti da una Fondazione privata da più di un decennio, fondazione che fino al giorno del lockdown, vantandosi degli abbondanti introiti, si è garantita abbondanti dividendi, fa certo più rabbia che in altri casi.

I sindacati confederali criticano fortemente le scelte dell’amministrazione comunale, che oltre a danneggiare fortemente i lavoratori, con le aperture centellinate penalizza il turismo culturale di qualità, quello di cui Venezia avrebbe bisogno. Non dobbiamo dimenticare, poi, che la legge dal 2015 stabilisce che i musei siano servizi pubblici essenziali: quella legge per anni ha impedito ai lavoratori precari di scioperare, perché potevano essere “precettati” per impedire la chiusura anche per poche ore. Adesso invece quella legge sembra sparita. Quei lavoratori, in stato di agitazione da anni, mai ricevuti, sono stati costretti a inseguire il Sindaco, ottenendo un fuggiasco incontro e risposte vaghe.

Davvero vogliamo continuare a lasciare la cultura in mano a questo sistema malato che guarda al guadagno di pochi e alla perdita per molti? Davvero vogliamo accettare che a gestire i nostri musei siano coloro che fanno passare come meravigliose ed esemplari delle riaperture centellinate? Davvero possiamo accettare che museo rimanga chiuso per mesi solo perchè non ci sono abbastanza turisti? 

Ma è soprattutto il comune di Venezia, che controlla la fondazione al 100%, a dover offrire una risposta semplice: all’amministrazione sta bene lasciare che vengano prodotti centinaia di lavoratori poveri e di disoccupati in più, privando cittadinanza e turisti di quasi tutti i musei della città?


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