Giardino di Boboli Andromeda

Sull’uso come “casa al mare” della foresteria della Società Parchi Val di Cornia e su un futuro resort a cinque stelle con teleferica sopra il Giardino di Boboli.

L’estate, ormai lontana, ci ha lasciato in eredità una serie di episodi che non possiamo ignorare e che vanno anzi indagati e per così dire monitorati, per evitare di creare l’ennesimo, pericolosissimo precedente. Partiamo da un presupposto: l’utilizzo privatistico dei beni culturali e in generale del nostro Patrimonio non nasce di certo nel 2020.

Poco più di tre mesi fa abbiamo assistito a una vicenda decisamente sconveniente avvenuta nel parco Archeologico di Populonia e Baratti: secondo alcune testate giornalistiche Mauro Tognoli, Amministratore Delegato della Società  Parchi Val di Cornia che gestisce il sito, avrebbe trascorso le classiche vacanze al mare nell’edificio adibito a foresteria dell’ente e al servizio degli scavi archeologici (deposito materiali ecc.). La vicenda, su cui è tuttora in corso un’indagine, è stata diffusa da varie testate giornalistiche, come Tirreno e Repubblica. Tutto questo ha destato indignazione, causando un vero e proprio terremoto nella città di Piombino: non solo la foresteria, fatta appena risistemare dalla Società Parchi Val di Cornia, sarebbe stata indebitamente sottratta alla sua funzione principale per fini privatistici. Dagli articoli di giornale emerge che il protagonista vendesse – o, come sostiene la difesa, avesse offerto – alcuni prodotti del territorio, sponsorizzando un’azienda vitivinicola di cui è socio.

La vicenda, in merito a cui si aspettano chiarimenti definitivi, ci spinge a riflettere su come spesso, troppo spesso, siano concepiti i beni culturali e la loro relativa gestione. Per quanto riguarda il “caso Baratti” la questione potrebbe essere “solo” un fatto erariale, senza alcun (per fortuna) pregiudizio ai beni e al Patrimonio, molto spesso abbiamo però assistito a vicende che pregiudicano tutela e conservazione

Passando infatti dall’assolato parco di Populonia e Baratti alla città di Firenze, vediamo  che è possibile individuare un triste trait-d’union in questa tendenza.

Sembrerebbe improbabile, infatti,  immaginare un albergo a cinque stelle sulla Costa San Giorgio, nel cuore storico del centro toscano; così come non è facile immaginarsi gli ospiti della struttura godere del privilegio di solcare il portone principale di Pitti, entrare nel Giardino di Boboli, percorrerlo sul lato Est fino ad arrivare alla Grotta di Madama, prendere una teleferica, arrivare sino alla pensilina della Costa San Giorgio, presso la seconda entrata degli Uffizi, per entrare in albergo. Eppure questo è ciò che riferisce l’associazione ecologista Idra in diversi articoli online, di cui l’ultimo risale all’8 settembre scorso. Il nuovo albergo dovrebbe sorgere all’interno dell’ex Scuola di Sanità militare della Difesa, sopra il Poggio delle Rovinate, ovviamente dopo lavori che trasformeranno la struttura in un lussuoso resort a 5 Stelle. Chi conosce Firenze, sa che il sito non è esattamente sicuro: la casa in cui si trovava la Madonna del Cardellino di Raffaello e che rovinò sotto una frana non era lontana dal luogo del futuro albergo, così come la voragine che si è aperta sul Lungarno Torrigiani qualche anno fa. Curiosamente la costruzione del resort non rientra nel blocco alle nuove grandi, strutture ricettive, decretato dall’Assessora all’Urbanistica del Comune di Firenze, Cecilia Del Re, nel giugno 2020. Di fatto, la trasformazione dell’ex caserma in albergo di lusso sembra al momento certa. Maggiori dubbi persistono invece sulla realizzazione della teleferica, che ancora attende uno studio di fattibilità. Gli interrogativi sono molti e ci chiediamo se sarà seriamente valutato l’impatto ambientale della struttura, visto che la Direzione urbanistica del Comune di Firenze sembrerebbe seriamente intenzionata ad evitare il VAS, ossia la Valutazione Ambientale Strategica, che richiede il diretto coinvolgimento della cittadinanza. Del resto, pare che alla Conferenza dei servizi, durante la quale sono state prese le decisioni più importanti non abbia preso parte il Segretariato regionale del Ministero dei Beni Culturali, né risulterebbe essere stata interpellata la Direzione delle Gallerie degli Uffizi.

Parte del Giardino di Boboli, e forse anche di Palazzo Pitti, peraltro, al momento in cui il resort sarà aperto, rischiano di diventare appannaggio esclusivo di pochi privilegiati, forse sottraendoli, in talune circostanze, alla fruizione pubblica. Rischiano, perché la necessità di conciliare il passaggio degli ospiti dell’albergo con il flusso dei visitatori di Pitti e di Boboli porrà problemi non facili da risolvere, soprattutto considerando che non è stato consultata né la Direzione degli Uffizi, né altre strutture del Mibact. L‘area sarebbe peraltro sottoposta ad uno sfruttamento ambientale di tale portata da poterne provocare il deterioramento: l’impatto della struttura, teleferica inclusa, sulla collina, il suo uso prolungato, ma soprattutto le dimensioni del resort (si parla di 85 camere standard, venti suite, 18 appartamenti, 300 posti, ristorante, cucine, bar, tunnel carrabile, parcheggi e altri servizi interrati, con spostamenti dai 500 ai 1000 al giorno) non possono non destare preoccupazione per la tutela dell’area. In questo caso l’aggettivo esclusivo rischia di diventare sinonimo di distruttivo: la struttura potrebbe rappresentare un esempio di quel consumo del suolo responsabile delle peggiori catastrofi ambientali occorse in Italia negli ultimi anni, basta pensare a Genova e ai suoi torrenti tombati. Infine, la costruzione del resort purtroppo consolida quella visione consumistica del nostro patrimonio che ha contraddistinto l’approccio ai beni storico-artistici in epoca pre-Covid: non si dimentichi che è tale visione la principale responsabile della trasformazione dei turisti in una massa acritica, che tratta l’opera d’arte come un panino di McDonald.

Questi episodi, ai quali si potrebbero affiancare le recenti “chiusure” fiorentine per ospitare grandi eventi, come quelli voluti da Dolce e Gabbana o dalla Ferrari, sono la dimostrazione plastica di un sistema che va totalmente ripensato. Le piazze, i borghi, i parchi archeologici non sono e non devono  mai essere affaire privato. Utilizzarli a fini privatistici, escludenti e machiavellicamente personali non crea solo danni, o potenziali danni, al bene in sé, ma taglia soprattutto il diritto di fruizione. Cosa ci guadagna il bene culturale da questo “utilizzo” improprio? Briciole, basta vedere a che cifre sono affittate le nostre piazze per rendersi conto che il fantomatico guadagno è solo nella testa di chi pensa che il Patrimonio sia un ornamento saltuario di cui spesso si può fare a meno.

Mi riconosci? sono un professionista dei beni culturali – sezione Toscana


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