Mi riconosci dirigenza ministero distanza

Di seguito il comunicato stampa relativo all’incontro online del 6 settembre con parte della dirigenza del Ministero della Cultura per questioni riguardanti i lavoratori dei settore culturale

Nel pomeriggio del 6 settembre 2021 una delegazione di rappresentanti dell’associazione di professionisti dei beni culturali Mi Riconosci, su invito del Capo di Gabinetto Lorenzo Casini, ha incontrato parte della dirigenza del Ministero della Cultura, tra i quali Marina Giuseppone e Fabio Pagano (DG Organizzazione). L’associazione aveva chiesto un incontro in presenza, ma è stato rifiutato a favore di una riunione online: la delegazione dunque, per denunciare il fatto di essere stati, dopo anni di richieste, proteste e proposte, ancora una volta esclusi da un ricevimento in presenza, si è collegata da una postazione situata di fronte al Collegio Romano. I dirigenti hanno comunque rifiutato di riceverle al Ministero e l’incontro si è tenuto online.

Daniela Pietrangelo e Eleonora Fossi, precarie dei beni culturali e attiviste di Mi Riconosci, hanno parlato dei temi caldi del momento: la carenza endemica di personale, con un concorso per 1052 AFAV in corso da più di due anni e comunque non bastevole; il sistema delle esternalizzazioni, degli appalti e dei subappalti, che peggiora la qualità dei servizi culturali e i salari degli operatori; la deregolamentazione del volontariato culturale e l’abuso del servizio civile, che immettono nel settore forza lavoro gratuita o semigratuita facendo collassare gli stipendi e le opportunità.  Il colloquio, denunciano le attiviste, è andato piuttosto male.

Abbiamo assistito a quasi un’ora di continuo scaricabarile e deresponsabilizzazione” spiega Daniela Pietrangelo, educatrice museale “ci vuole tempo per fare questo, quest’altro non dipende da noi, se ne occupano altri ministeri o enti… ma è chiaro che la dirigenza del Ministero ha il dovere, se non può scrivere le leggi, di proporle, di indicare la strada. Nulla del genere: anche di fronte alle nostre richieste di stilare delle semplici linee guida non vincolanti, abbiamo ottenuto continui rifiuti”.

Hanno ribadito che si tratta di scelte politiche, ma non hanno alcuna intenzione di discuterle. È stato grottesco, a tratti imbarazzante, sentirsi dire che la nostra precarietà dipenda da un supposto pessimismo” continua Eleonora Fossi, storica dell’arte “si nota una certa misconoscenza dell’ambiente che circonda il Ministero, non condita però da una voglia di capire, di conoscere, di accogliere proposte, ma solo di voler spiegare che atteggiamento si dovrebbe avere a chi vive la precarietà e lo sfruttamento sulla propria pelle”.

Le attiviste spiegano che, di fronte all’evidente assenza di volontà di cambiare le regole che stanno portando il Ministero, i suoi istituti e i suoi lavoratori, interni e esternalizzati, a una crisi senza fondo, il dialogo con questa dirigenza si fa molto difficile. “Ci hanno chiesto di continuare così, di segnalare ogni bando poco opportuno e ogni problema” offrendo l’ennesimo servizio gratuito al Ministero ma, concludono le attiviste “ciò che avranno invece è gettare ancor più benzina sul fuoco di una rabbia e di una frustrazione che caratterizza decine di migliaia di professionisti dei beni culturali, stretti in uno sfruttamento che le istituzioni statali continuano attivamente ad alimentare”.


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