Abbiamo già ampiamente spiegato perché la campagna “Mi Riconosci?” sia nata, per cosa si batta e a cosa aspiri. Ma sin dal lancio, e soprattutto da quando abbiamo iniziato il nostro tour, ci è stato spesso chiesto perché la nostra scelta sia ricaduta proprio su questo slogan. Perché chiamarsi “Mi Riconosci?Sono un professionista dei beni culturali” se una legge per il riconoscimento delle professioni esiste già (110/2014), anzi, se la difesa e il rafforzamento di quella legge è alla base delle nostre richieste?

Facciamo qualche passo indietro. La scorsa estate eravamo giunti finalmente alla prima stesura del nostro documento programmatico, e dovevamo trovare poche parole per comunicare il senso principe della nostra battaglia. “Per cosa ci battiamo?” “Per il patrimonio?” “Per i professionisti?” “Contro il precariato?”.

Come sappiamo le problematiche del settore sono enormi, ma per dare un senso alla nostra lotta dovevamo capire anzitutto su cosa volevamo fondare la nostra battaglia, ed è così che abbiamo scelto di partire dalle persone, non dalle categorie ma da tutte quelle persone che  si sono formate o si stanno formando per operare su di un patrimonio appartenente a tutti, e che non si sentono riconosciute dallo quello stesso Stato che dovrebbe tutelare e valorizzare le professionalità di chi qui si è formato; persone che faticano a sentirsi gratificate da una legge in cui testualmente si individuano requisiti per entrare in appositi elenchi professionali, per poi affermare che “l’assenza dei professionisti di cui al comma 1 dai medesimi elenchi non preclude in alcun modo la possibilità di esercitare la professione.’’ Mentre nell’articolo 1 non si parla affatto di requisiti per svolgere la professione, ma solo di un’ambigua “adeguata formazione e competenza”.

Così, dopo lunghe discussioni, ecco l’idea: una domanda, ambigua proprio perché rispecchia una condizione originaria di ambiguità.

Mi riconosci?

Mi riconosci, legislatore? Sono un professionista preparato che chiede dei  criteri chiari e condivisi per poter svolgere la sua professione, di modo che un ente locale che volesse assumermi non corra il rischio di assumere un ciarlatano.

Mi Riconosci, Ministero? Sono una persona preparata e  seria che di conseguenza come tale chiede di essere trattata, non un semplice appassionato per cui “lavorare gratis è un’occasione”.

Mi riconosci, datore di lavoro? Vorrei poter percepire un compenso dignitoso, e proporzionale alla professionalità con cui metto in gioco le competenze che duramente ho acquisito. 

Mi riconosci, società? Sono cosciente che la mia posizione è talmente ambigua che ogni volta che parlo del mio lavoro stento anche io a capire quale sia il mio ruolo preciso.

Mi riconosci, collega? La mia lotta è la tua lotta, se vogliamo una svolta non possiamo continuare a ragionare per categorie, continuando ad accettare l’ inaccettabile.

Mi riconosci, Università? Voglio poter studiare con la consapevolezza che quello che apprendo possa concretamente essermi utile anche una volta fuori dal tuo mondo.

Mi riconosci, Italia? Sono colui che può riportare la cultura al centro della vita del Paese, vedendo davvero il patrimonio culturale come qualcosa di centrale e necessario per la crescita di un territorio e di una coscienza civica collettiva, e portando sviluppo economico, sociale e culturale a coesistere per il benessere comune.

Ed è così che la risposta è venuta naturalmente da sé,

Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali.


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