Paolo Verri, la Fondazione Matera 2019

Il 16 gennaio abbiamo pubblicato un post criticando un bando del comitato Volterra Capitale Italiana della Cultura, che chiedeva 21 “giovani” per scrivere, gratis, i progetti che sostenessero la candidatura. Il bando era promosso dal direttore della candidatura, Paolo Verri, già direttore della Fondazione Matera2019, che, come vi avevamo già raccontato, si è distinta tra le altre cose per l’impiego di volontari in un numero circa 70 volte superiore al personale pagato.

Pochi minuti dopo la pubblicazione del post, ci ha scritto una ragazza, una collega, che nel 2017 aveva partecipato a un bando molto simile promosso dalla fondazione Matera2019 e dallo stesso Paolo Verri: si tratta del bando per “makers e linkers” (sic!!). Ci ha raccontato la sua storia. Ci ha permesso di farle alcune domande, rimanendo anonima, per capire com’è andata.

Claudia (nome di fantasia) in che modo vieni a sapere del bando? Perché decidi di partecipare? Quali erano le tue aspettative?

“Sono venuta a sapere del bando alla fine dell’estate 2017, mentre ancora lavoravo, tramite passaparola e, dopo averlo letto, ho deciso subito di partecipare. Ho creduto molto, infatti, nelle potenzialità dell’elezione di Matera a capitale della cultura, come progetto utile a valorizzare una regione ed una città – così come le regioni limitrofe – meravigliose. Molti di noi sono stati costretti a “fuggire” dalle proprie regioni pur di trovare un impiego, a maggior ragione nel settore: la possibilità di tornare e di fare qualcosa di concreto mi ha subito stimolata.

Il bando era rivolto a figure che operassero nel settore della comunicazione o del project management, suddivise in profili junior e senior; non nascondo, quindi, che sembrasse molto appetibile anche da un punto di vista professionale. Sappiamo tutti quanto sia difficile trovare un lavoro nel settore culturale, e il bando garantiva un percorso di formazione per la formazione di un albo di 40 professionisti, da cui sia la Fondazione Matera 2019 che tutti gli enti partecipanti ai progetti dell’anno di Matera Capitale avrebbero potuto attingere per lavorare ai progetti programmati. Lasciava presagire, quindi, grosse possibilità in termini professionali, dato anche che il dossier iniziale di candidatura della città a capitale si proponeva di impiegare “almeno 75” professionisti della comunicazione e del management culturale nei progetti organizzati.”

Come scopri di essere stata selezionata? Come si svolge questo corso di formazione?

“Ho scoperto della selezione da un articolo di giornale, salvo poi ricevere anche una mail il 22 dicembre 2017 con la comunicazione: ovviamente ne sono stata molto contenta! Nella mail si diceva che erano giunte ben 234 domande, che la selezione era stata durissima e, addirittura, che gli esclusi non disperassero perché la Fondazione avrebbe avuto bisogno di molte professionalità per i suoi progetti e sicuramente ci sarebbero state altre possibilità.
Nessuna comunicazione ulteriore fino all’11 di gennaio, in cui ci venne comunicato che i corsi sarebbero stati “approssimativamente” da febbraio a metà marzo: il corso si teneva in una serie di weekend, e tutti noi dovevamo recarci con mezzi propri a Matera. Molti di noi lavoravano. Nella stessa mail, venimmo tutti caldamente invitati a “partecipare a workshop” e fare i volontari alla festa del “meno uno”, 365 giorni prima dell’inaugurazione dell’evento, nel gennaio 2018. Non mi fu possibile partecipare

Il 4 febbraio venimmo informati dell’inizio dei corsi, di lì a 10 giorni. Dopodiché, qualche giorno dopo, seguì un programma degli incontri – per un totale di sei workshop, ciascuno della durata di due/tre giorni – più fitto per noi “junior”, e così siamo andati avanti fino a fine marzo. Solo qualche giorno prima degli incontri ci veniva inviato il programma. Tutte le spese di trasporto e alloggio, che avevamo sostenuto in prima persona, ci sono state poi rimborsate a fine 2018.
Il percorso in sé è stato molto interessante, abbiamo incontrato professionisti vari del settore e ci siamo potuti confrontare con esperienze e figure molto diverse e interessanti. L’organizzazione, però, lasciava parecchio a desiderare, soprattutto in merito alla ripartizione dei tempi a scapito dei momenti di vero e proprio laboratorio. L’impressione molto chiara che ho avuto è che, non avendo a disposizione le competenze e le professionalità necessarie per gestire una simile contingenza, volessero sfruttare già nel corso della formazione idee e conoscenze di professionisti del settore per la stesura di progetti. Ci siamo lasciati a fine marzo con un incontro finale (!!) in cui finalmente, e solo a quel punto, veniva chiesto a ciascuno di presentarsi, specificando le proprie competenze e predisposizioni lavorative, con la prospettiva che, di lì a poche settimane, avrebbero iniziato a coinvolgere le persone nei progetti.”

Dopodiché, ci hai spiegato, più nulla per mesi. Immaginiamo il disappunto, dopo un avanti e indietro da Matera durato tre mesi. E poi che succede?

“Io sono stata chiamata dopo mesi, a fine ottobre, per fare un colloquio per un ruolo in Fondazione: supporto alla segreteria di Direzione, ovvero “assistenza nell’organizzazione di eventi, gestione di database, assistenza nel project management di progetti culturali e attività di front office” (cito testualmente dalla mail arrivata). Nel sostenere il colloquio via Skype è però emerso chiaramente che, la figura ricercata, dovesse ricoprire un ruolo di receptionist all’entrata della sede della Fondazione Matera2019 e limitatamente all’anno in questione. Mi sono trovata in imbarazzo, un colloquio farsesco (sapevo già, grazie ad amici, di non essere la prima persona contattata per quel ruolo) tenutosi per la metà in inglese.

Ho dovuto interromperlo: la mia risposta del tutto franca è stata che, dato il bando a cui avevo partecipato e il curriculum già presentato all’epoca, ma poi ulteriormente incrementatosi nell’anno successivo alla candidatura iniziale, la posizione non mi sembrava per niente coerente con la mia figura professionale (all’epoca ormai lavoravo e con un contratto indeterminato).

Mi è stato chiesto, allora, che cosa realmente facessi e che cosa mi sarebbe piaciuto fare nella fondazione: essendomi occupata per anni di redazione di contenuti web e da qualche anno di ufficio stampa, la mia risposta è stata, logicamente, che mi sarei aspettata un posto del genere. E la risposta è stata, letteralmente, che tanto, in quanto receptionist, sarei stata vicino all’ufficio stampa, quindi non sarebbe stato (letteralmente!!!) così lontano il mio ruolo. Ho gentilmente declinato l’offerta.

La cosa mi ha fatto molta rabbia, mi sono sentita davvero presa in giro. Da come si è concluso il percorso di formazione e da questo colloquio mi è sembrato chiaramente che, a dispetto della selezione tanto difficile, nessuno avesse mai realmente letto il mio curriculum.”

La Fondazione disponeva di imponenti fondi pubblici, si parla di più di 400 milioni di euro investiti per l’evento di cui decine arrivati alla Fondazione. A pochi mesi dall’apertura dell’evento, dunque, non aveva ancora l’organigramma completo, in un ruolo base come una receptionist. Sappiamo da altre testimonianze che i contratti di assunzione fossero della tipologia Co.Co.Co, della durata di un anno: ora scopriamo che non erano neppure per tutti e 40, e per ruoli che spesso avevano ben poco a che fare con i vostri percorsi formativi. Al di là dell’ovvia amarezza personale, pensi si sia trattato di un’occasione persa per il territorio?

“Penso che in ogni caso il progetto abbia portato tanto al territorio: l’occasione ha richiamato a Matera tantissima gente, che è diventata una meta turistica richiestissima già dal 2017. Ma credo che mettendo le persone giuste al posto giusto si potesse fare molto di più. Il vero problema è che dall’esterno, soprattutto per chi non lavora in questo settore, i difetti di questo meccanismo mastodontico non vengono assolutamente percepiti. L’indotto turistico ha posto in secondo piano altre problematiche: a Matera tutto sta diventando B&B mentre le biblioteche e i musei della città sono ancora troppo poco frequentati e finanziati. Non si sta agendo per costruire un turismo culturale veramente sostenibile.

Il vero peccato è in ogni caso non aver costruito qualcosa di duraturo, non aver sfruttato l’evento per costruire una strategia che si protraesse nel tempo. La mia storia è una delle tante: non si è creata occupazione di qualità e un circolo virtuoso basato sulle competenze, che potesse portare ricchezza, economica e sociale, al territorio negli anni a venire. Anche la crescita del turismo nel 2019, data la quantità di denaro investito, è stata piuttosto limitata, ma è normale: Matera, nonostante le promesse, rimane ancor oggi difficilmente raggiungibile attraverso il trasporto pubblico, pur essendo una perla di rara bellezza. E gli “almeno 75 professionisti” di cui il progetto abbisognava non sono mai stati assunti.”

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Cosa ti sentiresti di dire ai colleghi, di poco più giovani di te, che, spesso proprio nell’ottica di candidature a Capitali della Cultura, stanno pensando di seguire percorsi simili?

“Non mi sento assolutamente di scoraggiarli, tutt’altro, ma li inviterei a considerare con molta attenzione le opportunità offerte, guardandosi bene da queste soluzioni creative volte a sfruttare in via del tutto gratuita l’expertise di professionisti fatti e formati, o anche alle prime armi, in nome di quelli che vengono spacciati come alti ideali. Il lavoro nel settore culturale è degno di rispetto e riconoscimenti contrattuali al pari di tutti gli altri.”

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