I numeri a volte, quasi sempre, non dicono tutto. Abbiamo pubblicato qui grafici e dati che illustrano i risultati della nostra inchiesta “Cultura, lavoro e discriminazioni di genere”.

Ma c’è dell’altro, c’è molto altro: ci sono le storie e le testimonianze. Centinaia di persone, tra le 877 che hanno compilato il nostro questionario, hanno risposto alle domande aperte di cui il questionario stesso era ricco. La quantità e la qualità delle risposte stesse ci ha impressionato e colpito enormemente, e vi ringraziamo.

Pubblichiamo di seguito una selezione di alcune delle storie, delle risposte o delle testimonianze che abbiamo ricevuto: senza alcuna pretesa di esaustività, ma per offrire un’idea del fenomeno. E speriamo che leggere queste storie spinga tante altre donne, ma anche uomini, a denunciare e raccontare.

Chiudiamo con una rilevante chiosa: alcune persone hanno risposto al questionario raccontando reati gravi, da denuncia. Alcuni di questi non sono avvenuti nell’ambito culturale (per questo non le leggerete in questo articolo), e il fatto che abbiano risposto al nostro questionario testimonia una necessità di racconto e denuncia che non aveva trovato sbocchi. Noi non ci tiriamo indietro, se leggete queste righe, scriveteci in privato, possiamo mettervi in contatto con collettivi e gruppi che si occupano di assistenza legale e psicologica per casi simili.

Buona lettura, e buona lotta.

Storie di ordinaria discriminazione

Rispetto al genere banalmente per il teatro (come spesso per la vita) un uomo a 35 anni è nel fiore degli anni una donna a 35 è una vecchia, questa cosa inizia fin dalle accademie dove sono più propensi a prendere uomini fino anche ai 27 anni mentre una donna a 27 anni non potrà mai iniziare un accademia.

Ho dovuto dimostrare in un mondo molto competitivo, e di norma appannaggio maschile, il mio valore di ricercatrice e storica dell’arte, trovandomi alcune volte di fronte a ricatti o proposte “do ut des” fattemi perché donna.

I colleghi uomini inquadrati ad un livello più basso del mio vengono chiamati dottore o architetto, la mia collega ed io (conservatrici di un museo) veniamo chiamate “ragazze” dai nostri superiori (sia uomini che donne). È una discriminazione piccola rispetto ad altre ma significativa a mio avviso.

Stare in cantiere con muratori, geometri ed architetti maschi ti condiziona. Sei sempre meno intelligente perche sei donna. Può una donna intendersi di calce???? Se rispondi male sei mestruata. Se ti metti il rossetto ti viene fatto immediatamente notare. Potrei continuare all’infinito. Se non avessi avuto l’esigenza forte di diventare madre probabilmente le mie scelte professionali sarebbero state diverse. Un restauratore sposa i cantieri. Io avevo da allattare, cambiare pannolini, dormire… Non ce la facevo proprio fisicamente. A meno che tu non decida di far crescere i tuoi figli da nonni e babysitter. Adesso che ho fatto “carriera” stando comunque in un ambiente prettamente maschile devo sempre stare un passo indietro. Ad esempio il mio part time che ho fortemente voluto per poter crescere i miei figli mi penalizza a livello di avanzamento

Non ho ricevuto molestie ma durante colloqui lavorativi mi sono sentita discriminata: mi sono state fatte domande personali per sapere se fossi fidanzata o quando/se vorrei avere figli. Domande del tutto irrilevanti per appurare le mie capacità professionali o capire se fossi il giusto candidato per il lavoro. La persona che mi ha fatto il colloquio era un uomo…

Il settore culturale come altri è uno dei più colpiti dalla discriminazione di genere in Italia. Avete mai visto una storica dell’arte donna in televisione? Eppure siamo apre donne ad organizzare convegni, corsi di formazione e tanto altro. Scrivete la parola storico dell’arte su Google immagini Italia e su Google immagini Gran Bretagna e capirete quello di cui sto parlando. Aggiungo che in Italia esiste anche il fenomeno della discriminazione di genere tra donne, siamo noi stesse a non favorire l’avanzamento di carriera di una nostra collega, “se non io, piuttosto un uomo, ma non un’altra donna”. Altro spunto di riflessione. Grazie.

L’archeologia, purtroppo, nonostante la forte percentuale femminile, prosegue ad essere un baronato capitanato da docenti avanti con l’età che scelgono dei sottoposti. Spesso i colleghi uomini avranno incarichi dirigenziali o di responsabilità, mentre le donne sono e saranno destinate alla ricerca non retribuita o ad anni di gavetta prima di approdare a qualcosa di concreto. In alternativa, potranno cambiare strada perché verranno precluse loro tutte le possibilità.

Qualche esempio di molestia

Durante una riunione di lavoro, all’improvviso mi ha abbracciato e tentato di baciarmi; durante un colloquio, in altra occasione, mi ha fatto ammiccamenti, allusioni e ha tentato di chiudere la porta.


Un docente ha iniziato a scrivere in chat ad una mia collega di corso chiedendole di posare nuda per una pubblicazione. In seguito ai rifiuti della studentessa, il docente ha voluto far presente “l’impossibilità della studentessa di superare l’esame”. La ragazza ha denunciato l’accaduto senza ricevere sostegno dal direttore, ed ha infine deciso di cambiare università.

Ho subito reiterati commenti sulla vita personale. A me e ad altre persone sono state scattate fotografie sul luogo di lavoro mentre sui monitor dei computer a noi vicini venivano trasmessi filmati pornografici.

Ho frequentato un corso di estetica il cui docente teneva a precisare la mancanza di cultura ed intelligenza del genere femminile, mostrando immagini di minorenni nude prese da Facebook per avvalorare la sua tesi.

Ho dovuto lasciare un lavoro che svolgevo con piacere e successo da 10 anni perché ad un cambio di gestione il nuovo direttore tentava approcci fisici nonostante i miei ripetuti rifiuti, boicottava il mio lavoro, mi inviava messaggi privati ambigui, mi insultava davanti ai colleghi e addirittura tentava di raggiungermi in altre mie sedi lavorative nel tentativo di intimidirmi. Quando ho annunciato le mie dimissioni, non mi sono più state pagate le ultime ore di lavoro che ho svolto.

Durante alcune trasferte lavorative, un docente con cui collaboravo è arrivato più volte a prenotarmi una camera d’albergo matrimoniale da dividere con colleghi uomini che neanche conoscevo. Rifiutandomi di condividere la camera con estranei, dovevo a mie spese procurarmi una camera singola senza percepire alcun rimborso spese, perché a detta del docente era una mia scelta.

Mi hanno fatto domande strettamente personali con relativi commenti. Le domande vertevano sul fatto di avere o meno un fidanzato, esser vergine o puttana a seconda del momento, e di seguito commenti vari sullo stesso argomento.

Mi faceva battute, frecciatine molto esplicite, mani sui fianchi, cosce e seno.

(Ho subito una) proposta di rapporti sessuali in cambio di un posto in dottorato.

Ho subito un “corteggiamento” molto insistente con telefonate ed sms, nonostante la persona sapesse che avevo un compagno. A causa di tanta insistenza ho lasciato il cantiere.

Qualche esempio di ciò che è accaduto dopo la molestia: mancate denunce

Ho parlato con un ufficio legale del lavoro e mi hanno detto che purtroppo essendo il mio contratto con la cooperativa e ricevendo abusi verbali da parte di un’istituzione non potevo agire se non cercando di evitare i rapporti con l’assessore autore del problema. Ho seguito il consiglio ma la persona in questione è molto influente per la mia carriera e quella dei colleghi con cui lavoro quindi questo potrebbe portare alla perdita di eventuali lavori.

La reazione istituzionale alla molestia è stata l’ammonimento a me di “concentrarmi sugli aspetti davvero importanti del lavoro e tanto prima o poi succede a tutte”.

La polizia e i carabinieri mi hanno sconsigliato di denunciare per i soldi che avrei investito e con le accuse che avevo non avrei di certo vinto e sarei stata sottoposta a visita psichiatrica. (Le molestie consistevano in stalking, minacce, palpeggiamenti)

Mi è stato risposto che se avevo sopportate le molestie tanto a lungo, evidentemente la situazione mi piaceva. A pochi giorni di distanza dalla mia denuncia, sono stata bocciata ad un esame (il mio percorso universitario, fino a questo esame, era sempre stato eccellente: prima laurea magistrale conseguita in anticipo a 21 anni, seconda conseguita con lode in una disciplina completamente diversa) e mi è stato fatto capire che non ero più la benvenuta nella scuola e sarebbe stato meglio che io non lo ritentassi alla sessione successiva. Il docente in questione è ancora insegnante di quell’università, stimato e stipendiato.

E conseguenze personali

Per un lungo periodo non mi sono presentata agli esami, sono ingrassata, in generale sono entrata in depressione.

Da allora mi vesto in maniera molto dimessa e modesta per andare al lavoro, non parlo, non sento e non guardo nessuno quando vado in museo a lavorare.

La molestia mi ha fatta sentire ancora una volta un essere umano di serie B, ma non mi ha sconvolta più di tanto perché purtroppo a queste cose ci si fa l’abitudine e diventano normali momenti di vita che sia lavorativa o meno. Mi è capitato talmente tante volte di essere molestata sia al lavoro che fuori che ormai non rimango più sconvolta.

Ho lasciato il mio lavoro per tre anni pensando di essere una incompetente.

Sono andata in analisi per un anno; ho sviluppato per un periodo alcune difficoltà a livello relazionale mai avute prima.

E per concludere, alcune vicende personali (ricostruite dalle risposte)

Sara (nome di fantasia) è un’archeologa attualmente inoccupata. Ritiene che nel suo settore le opportunità siano condizionate dal genere di appartenenza, perché in quanto donna “i datori di lavoro si aspettano quasi sempre qualcosa in cambio”. Ha subito una molestia sessuale di tipo fisico quando era studentessa universitaria, da parte di un funzionario ministeriale, che l’ha baciata in una Soprintendenza del Lazio. La molestia è stata denunciata, ma il caso è stato archiviato, così che il molestatore non ha subito alcuna conseguenza, mentre Sara non può lavorare nell’ambiente della Soprintendenza.

Maria (nome di fantasia) è una storica dell’arte che lavora in una società cooperativa/impresa privata come “dipendente non ufficialmente assunta” (alla domanda “se attualmente occupata, con che tipo di impiego?” risponde “non riesco a immaginarlo”). Pensa che la sua carriera sia stata condizionata dal suo genere, spiegando “sono stata scelta nell’azienda per la presenza femminile di cui credevano aver bisogno per il contatto con il pubblico, e anche perchè il mio superiore ha un debole per me”. Dichiara di aver spesso assistito ad atteggiamenti sessisti da parte di superiori/datori di lavoro e di aver subito molestie sessuali di tipo verbale più di una volta, da parte del suo datore di lavoro, che le ha fatto insinuazioni sessuali che lei non ha mai denunciato “per paura di perdere il lavoro non avendo nemmeno un contratto regolare”. Dichiara inoltre “mi condiziona rimanere sola con questa persona e mi fa sentire a disagio; capisco che in parte la mia presenza a lavoro dipende dalla sua volontà”.

Isabella (nome di fantasia) studia antropologia fisica. Pensa che la sua carriera professionale sia stata condizionata dal suo genere a causa della “preferenza per progetti di rilievo data a colleghi maschi a prescindere dalle competenze”. Dichiara di aver spesso assistito ad atteggiamenti sessisti o discriminatori da parte dei suoi superiori o docenti, e di aver subito molestie verbali e fisiche più di una volta. Nello specifico, ha subito le molestie di docenti uomini, con palpeggiamenti e frasi a doppio senso con allusioni sessuali. Non ha mai denunciato o reso note le molestie a causa dell’assenza di testimoni, ma ha subito notevoli conseguenze sia per il suo percorso formativo che per la sua salute psicofisica: ha ricevuto valutazioni inferiori agli esami ed ha sofferto di attacchi di panico.

Abbiamo altre centinaia di risposte simili. Noi, con l’aiuto di voi che leggete, faremo tutto il possibile per far cambiare questa situazione.

Ma è tempo che anche le istituzioni facciano la loro parte: le Università, che continuano a proteggere molestatori e sessisti, e il Ministero dei Beni Culturali. Centri antiviolenza e aiuto e appoggio a chi denuncia subito. Subito.


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