Da mesi ormai le biblioteche di Bologna aprono con orari e servizi molto ridotti, creando danni all’utenza e costringendo i lavoratori ad attingere dalla cassa integrazione.

A Bologna ci sono centinaia di utenti che chiedono a gran voce la riapertura dei servizi bibliotecari a pieno regime, e una quarantina di lavoratori delle biblioteche cittadine che da mesi chiedono di poter ritornare a lavorare a tempo pieno al servizio della cittadinanza. Se non fosse che in Italia l’incredibile sta diventando la norma, la situazione delle biblioteche civiche bolognesi rientrerebbe di diritto nel campo dell’incredibile.

Dal 18 maggio, giorno della parziale riapertura, a oggi, le biblioteche offrono servizi ridottissimi, limitati al prestito e poco altro, con orari di apertura più che dimezzati. Così come più che dimezzato è l’orario di lavoro dei 40 dipendenti della cooperativa che garantisce i servizi di prestito, riordino, restituzione e iscrizione utenti. Il tutto mentre i dipendenti comunali delle biblioteche lavorano da casa in smartworking. 

Altrettanto interessante è il fatto che i dipendenti esternalizzati della biblioteche, in cassa integrazione da marzo, passino ancor oggi tutte le ore “non lavorate” previste dal loro contratto originario in cassa integrazione: cassa integrazione pagata con fondi pubblici. Un vero e proprio assurdo.

Come hanno spiegato Filcams CGIL, Fisascat CISL e Uitucs-UIL in un comunicato congiunto “la situazione sarà ancora più critica già a partire da questo mese e in quelli a venire quando, senza una seria riapertura, diventerà attuale il rischio per la cooperativa datrice di lavoro di dover ricorrere agli ammortizzatori sociali ordinari”. Non bastasse tutto questo, c’è anche un appalto in scadenza a fine anno, che non lascia per nulla tranquilli i lavoratori, dato che l’Istituzione Biblioteche del Comune vivrà una profonda riforma lasciandoli a oggi privi di certezze sul loro futuro.

Il Comune ha tempo di intervenire e mettere fine a queste storture, nel vantaggio comune della cittadinanza, dell’utenza e degli operatori bibliotecari. Certo però, non solo a Bologna, dobbiamo chiederci: quanto ancora dovremo sopportare questo sistema tanto disfunzionale per le nostre biblioteche? Una riforma organizzativa appare più urgente che mai.


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