Pubblichiamo il comunicato stampa relativo alla lotta sindacale che stanno portando avanti i lavoratori dei Musei Civici di Trieste

Nemmeno la proclamazione, ad inizio aprile, dello stato di agitazione dei lavoratori e delle lavoratrici esternalizzati dei Musei Civici ha scalfito l’amministrazione triestina, che, senza verifica alcuna, ha accettato passivamente la replica della ditta appaltatrice e rifiutato il dialogo con i suoi dipendenti, sfruttati per 5€ lordi l’ora. In risposta al disinteresse del Comune di Trieste il sindacato CONFSAL- Fesica ha organizzato una raccolta firme mercoledì 27 e giovedì 28 aprile dalle 10 alle 12.30 presso il Castello di San Giusto, con lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza e proseguire la lotta sindacale. Seguiranno presidi al Museo Revoltella e altre sedi del sistema museale cittadino. Anche l’associazione Mi Riconosci, attiva dal 2015 per migliorare le condizioni lavorative all’interno dei luoghi della cultura, si schiera a fianco dei lavoratori e ne denuncia lo sfruttamento.

Risale all’autunno 2020 l’ultimo bando di gara per l’esternalizzazione dei servizi di accoglienza, sorveglianza, biglietteria e bookshop dei Musei Civici di Trieste, il cui capitolato legittimava gli operatori economici ad assumere il personale con il livello D del “CCNL Servizi Fiduciari, scaduto da sette anni e più volte giudicato incostituzionale, perché prevede una retribuzione sotto la soglia di povertà. Ed è proprio questo il contratto che viene applicato ai lavoratori dei musei dalla ditta vincitrice Euro&Promos, fondata da Sergio Bini, assessore regionale al Turismo dal 2018 e azionista di maggioranza della stessa società. Ai lavoratori si richiedono competenze, responsabilità ed oneri che non rientrano affatto tra quelli elencati tra le mansioni previste dal CCNL con i quali sono stati inquadrati: oltre all’apertura e alla chiusura delle sedi, si richiede, tra le tante, la capacità “di rispondere in modo adeguato alle richieste dei visitatori fornendo notizie generali sulla città di Trieste [e] sulle opere esposte […]”, la conoscenza (certificata) della lingua inglese e la vendita e la “gestione degli incassi” di biglietteria e bookshop, per la quale non è prevista alcuna indennità di cassa, nonostante gli addetti siano considerati “sub-agenti contabili dell’Ente”.

 -”L’unico contratto che risponde alle mansioni e qualifiche richieste dall’amministrazione è il Federculture” – dichiara Federica Pasini, attivista di Mi Riconosci – “ovvero il contratto per chi lavora nei musei e luoghi della cultura in genere. Pochissime amministrazioni ne chiedono l’applicazione e altrettanto poche ditte appaltatrici lo stipulano ai propri dipendenti, perché pur garantendo equità salariale a parità di mansioni, non permette alle società e cooperative di guadagnare su una “cresta” molto consistente, come succede nella quasi totalità degli appalti”. Nel caso della Euro&Promos il guadagno sui lavoratori è ingente, ed è raggiunto non solo grazie al bassissimo costo del lavoro, ma anche alle incongruenze che esistono tra quanto imposto dal capitolato e quanto effettivamente la ditta sta investendo nei servizi che dovrebbe garantire – “Nel capitolato è previsto che ognuno di noi debba avere sia la divisa estiva che quella invernale, che non ci è mai stata consegnata”- dichiara uno dei lavoratori -”per non parlare dei radiotrasmettitori, di cui dovremmo essere tutti dotati, ma così non è. Inoltre, dovrebbe esserci, dalla data di inizio dell’appalto, una sede operativa dell’azienda nel Comune di Trieste, che ancora non esiste. È tutto denaro risparmiato sulla nostra pelle” – continua. “Non è facile portare avanti le nostre rivendicazioni” – afferma una lavoratrice – “molti di noi, ben 25 dipendenti su 61, sono stati assunti con un contratto a chiamata, nonostante lavorino continuativamente anche 40 ore settimanali. Questo tipo di contratto rende i lavoratori ancora più fragili e restii ad avanzare richieste, perché li espone a potenziali ritorsioni. L’atteggiamento dell’azienda nei confronti di chi non si è dimostrato accondiscendente, infatti, è di tipo intimidatorio e vendicativo, anche per questo molti di noi hanno fatto denuncia all’Ispettorato del lavoro. La strada è lunga ma porteremo avanti la nostra causa finché sarà necessario” – concludono i lavoratori.

Come è già stato sottolineato dal sindacato, che ha già sporto denuncia alla Corte dei Conti e procederà presso il Giudice del Lavoro, ciò che fa più rabbia è lo sperpero di denaro pubblico: denaro che dovrebbe servire a garantire un servizio culturale di qualità, essenziale per la comunità e il suo sviluppo, mentre a Trieste e in molte altre città d’Italia diventa l’opportunità per riempire le tasche di un privato a scapito dei lavoratori e della cittadinanza, che ne perde in qualità.

L’associazione Mi Riconosci, che da anni si esprime sulle storture e le criticità delle esternalizzazioni e degli appalti nel mondo della cultura, continuerà a denunciare ogni situazione di sfruttamento e ad affiancare i lavoratori e le lavoratrici nella loro lotta, per un cambiamento di rotta e per un miglioramento delle condizioni lavorative del settore culturale.




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