A tre settimane dallo scoppio dell’emergenza, l’ultimo decreto uscito dal Consiglio dei Ministri contiene poche e limitate misure per sostenere i precari del settore.

Abbiamo faticato a trovare le parole per commentare il decreto del 16 marzo, arrivato a tre settimane dallo scoppio dell’emergenza: abbiamo faticato perché c’era davvero poco da commentare. 

Le uniche misure specifiche per il settore culturale contenute nel decreto riguardano infatti le imprese del settore, che possono rimborsare biglietti e viaggi con voucher, e che vedono istituito un fondo da 130 milioni per lo spettacolo dal vivo, il cinema e l’audiovisivo. Risulta evidente che questi fondi, data la crisi attuale, serviranno per appianare le perdite, non per rilanciarsi: e dunque non arriveranno ai tanti lavoratori che collaboravano da esternalizzati con queste imprese.

Certo, sono diverse le misure, nel decreto, che impattano anche sui lavoratori della cultura, ma sono misure pensate dal Consiglio dei Ministri per i lavoratori in genere, senza attenzione alla specificità del settore. Un’indennità di 600 euro una tantum per autonomi e co.co.co. del settore del turismo e della cultura (come per altri stagionali), un misero contributo di 100€ per marzo per tutti i dipendenti impossibilitati a lavorare da casa, il blocco dei licenziamenti (che ha chiaramente impatto nullo sui lavoratori con contratti deboli o senza contratto, come molti di noi), e la sospensione delle tasse per le partite IVA. Sono misure non solo insufficienti, ma quasi ridicole di fronte alla crisi che stanno vivendo i lavoratori del settore, che a decine  di migliaia da settimane non percepiscono alcuno stipendio e non vedono la fine di una crisi di cui ancora si fatica a delineare le dimensioni (per questo stiamo raccogliendo dati sulle condizioni dei lavoratori). Come si può proporre a chi non ha nulla e teme di non avere nulla per i prossimi 4 o 6 mesi un rinvio delle tasse e un contributo una tantum? Nessuna tutela dei livelli occupazionali, dei salari e del monte ore di lavoro, che quindi diventano terreni di speculazione ovviamente al ribasso per i lavoratori, nessuna misura per permettere a chi è senza reddito da settimane di mangiare e pagare l’affitto.

Il grosso delle misure, è chiaro, tutela solo determinate categorie e determinati interessi. Sono le stesse categorie con cui il Ministero dei Beni Culturali in queste settimane ha avuto un’interlocuzione stabile, mentre i precari del settore risultano essere ampiamente fuori dai radar, così come gli enti locali, che pure si sono fatti promotori di misure molto coraggiose per far fronte all’emergenza, esposti in prima linea al collasso turistico, culturale e sociale che ne potrebbe conseguire.

Il Ministro si è spinto ad affermare che nel decreto sono contenuti “atti concreti per Turismo e Cultura”, come se questi settori fossero composti solo da denaro e investimenti e non da persone in carne e ossa. La situazione è drammatica, ed è evidente che il nostro Ministero non è in grado o non vuole governarla: sta a noi raccogliere tutti i dati necessari e costringere la politica e l’opinione pubblica a fare i conti con l’emergenza sociale ed economica che si fa sempre più grave, nel settore culturale e non solo.

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