Da venerdì 3 dicembre, le cento lavoratrici e lavoratori esternalizzati delle biblioteche e dell’archivio di Firenze sono in stato di agitazione, preoccupati per la nuova gara di appalto sulla quale gravano scelte economiche insufficienti da parte dell’amministrazione comunale fiorentina. Amministrazione che lunedì 20 dicembre ha disertato la procedura di raffreddamento in prefettura, facendola di fatto fallire. Questo il loro appello.

Gentile Sindaco,


Venerdì 17 dicembre, noi lavoratrici e lavoratori in appalto delle biblioteche e dell’Archivio Storico ci siamo ritrovati in assemblea in uno dei luoghi simbolo della cultura fiorentina, la biblioteca delle Oblate, per discutere delle problematiche legate alla scadenza dell’appalto in essere e all’annunciato percorso di reinternalizzazione del servizio. Sarebbe stata anche l’occasione per consegnarle personalmente questa lettera, dato che lei avrebbe dovuto presenziare ad un’iniziativa programmata
per la stessa data e poi annullata. Nel corso dell’assemblea, siamo stati informati dalle organizzazioni sindacali della sua disponibilità ad incontrarci per il pomeriggio di giovedì 23 dicembre, disponibilità per la quale la ringraziamo anticipatamente. Dopo le recenti scelte dell’Amministrazione, permane comunque molta preoccupazione tra i lavoratori e questa lettera vuole ribadire i contenuti, emersi anche in assemblea, che riteniamo utile trattare nei prossimi incontri.

Conosce perfettamente la nostra storia, sa bene che da oltre 15 anni contribuiamo alla gestione e al buon andamento di questi servizi essenziali che tanto lustro danno alla città di Firenze. Dal lontano 2007, anno in cui iniziarono le esternalizzazioni proprio in occasione dell’apertura delle Oblate, i servizi hanno subíto una crescita esponenziale per attività e fruizione – come dimostrano gli stessi report comunali in merito -, le biblioteche e l’Archivio sono punto di riferimento per cittadini, studenti e studiosi, nonché presidi culturali e sociali. E lo sono anche grazie alle professionalità di chi, come noi, s’impegna quotidianamente per rendere il miglior servizio possibile. In questi anni, abbiamo vissuto cambi di appalto sempre peggiorativi, tagli agli stipendi e rinunce di vario tipo, fino a raggiungere l’apice durante il lockdown, quando l’amministrazione comunale ha deciso di lasciarci in cassa integrazione da un giorno all’altro. Dopo le mobilitazioni e supportati da larga parte della cittadinanza, siamo rientrati a lavoro nel luglio 2020, ma sempre con la spada di Damocle dell’appalto in scadenza e con rinnovi di pochi mesi, in attesa di capire cosa si decidesse del nostro futuro e delle nostre teste.

Dopo diversi incontri con le organizzazioni sindacali e varie domande di attualità in consiglio comunale, sembrava che la volontà dell’Amministrazione fosse quella di proseguire con un appalto di breve durata, propedeutico ad un graduale percorso di reinternalizzazione del servizio. Questo ci era stato annunciato dall’ex assessore alla Cultura Tommaso Sacchi, trasferitosi poi in giunta a Milano. Ora, invece, a una manciata di giorni dall’uscita del nuovo bando, scopriamo che ci sarà sì un appalto di breve durata, ma con ben due milioni di euro in meno rispetto a quanto preventivato nel programma biennale di acquisto di beni e servizi. Due milioni che si traducono in circa 15 persone in meno con contratto full time oppure in una riduzione generale dell’orario di lavoro, dunque della retribuzione, già di gran lunga inferiore a quella che ci spetterebbe se fosse applicato il contratto corrispondente alle nostre mansioni. Non si può giustificare questo taglio solo con l’avvio anticipato del percorso di reinternalizzazione del servizio, che si sta portando avanti attingendo dalla recente graduatoria del concorso per istruttore amministrativo: si tratta, infatti, di personale con competenze amministrative – certamente necessario nelle biblioteche, negli archivi e nell’intera Direzione Cultura per coprire parte del turn over – che però non può ricoprire ruoli prettamente bibliotecari e archivistici.

Questo, Sindaco, è un duro colpo per le professionalità di noi lavoratrici e lavoratori in appalto che, da una parte, ci vediamo decurtare le risorse calcolate inizialmente per il fabbisogno di biblioteche e Archivio Storico e, dall’altra, ci vediamo tagliate fuori dal percorso di reinternalizzazione, che in origine doveva avere una diversa tempistica e doveva essere preceduto dall’indizione di uno specifico concorso per profili professionali inerenti alle attività interessate, nel quale dovevano essere previste modalità di valorizzazione dell’esperienza e della professionalità di chi ha garantito questo servizio per 15 anni. Tuttavia, la decisione di anticipare i tempi della reinternalizzazione darebbe ancora la possibilità di indire questi concorsi, utilizzando le modalità semplificate previste dal D.L. 44/2021 che, oltre a velocizzare i tempi del concorso stesso, prevede la valutazione dei titoli di servizio e dell’esperienza professionale ai fini del punteggio finale.

A causa di precise scelte economiche e politiche, si rischia di minare un servizio costruito con fatica e dedizione, scegliendo in modo iniquo di penalizzare sempre i lavoratori precari. Si tratta di una scelta ancor più grave per un’amministrazione che vuole puntare sulla Cultura come “leva per uno slancio economico e sociale”, per una città che si candida a Capitale del libro 2023 con il sottotitolo, come leggiamo dal suo tweet, “Lettura è cultura, cultura è Firenze. In ogni sua espressione.” Se è vero che Firenze vuole farsi portatrice, attraverso la Cultura in ogni sua forma, di progresso economico e coesione sociale, ora che la delega alla Cultura è nelle sue mani, le chiediamo un impegno istituzionale concreto, affinché vengano salvaguardate le tenute occupazionali e salariali e vengano riconosciute le nostre professionalità dopo anni di precariato. Dalle scelte dell’Amministrazione dipenderà non solo il futuro di cento lavoratori su cui si è investito per anni, ma anche la qualità dei servizi essenziali offerti alla cittadinanza, oltre che la cura dello stesso patrimonio storico-artistico che fa di Firenze un unicum.

Giorgio La Pira, suo illustre predecessore al quale dice di ispirarsi, si batté per il diritto alla casa e al lavoro, diritti sacri per il mantenimento del delicato equilibrio sociale. Per questo, in uno dei più gravi momenti di crisi durante il suo mandato, intervenne in prima persona per bloccare il licenziamento di quasi duemila operai della Pignone, importante realtà industriale fiorentina che continua ad essere ancora oggi fonte di lavoro sul territorio. Ecco, crediamo che non ci sia miglior modo di omaggiare Giorgio La Pira che rifarsi concretamente ai suoi princípi e alle sue azioni. Nel salutarla, le confermiamo la piena disponibilità al confronto, ma come abbiamo dimostrato, non faremo passi indietro, perché non possiamo accettare ulteriori tagli al nostro futuro e alle nostre vite.


Firenze, 18 dicembre 2021


Le lavoratrici e i lavoratori in appalto di biblioteche e Archivio Storico del Comune di Firenze


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