Pubblichiamo di seguito il comunicato stampa sul proseguimento della lotta riguardo la contestata mostra su Artemisia Gentileschi

A distanza di tre settimane dalla pubblicazione della lettera aperta alle istituzioni in cui si avanzavano delle precise richieste di trasformazione della mostra, vogliamo fare il punto e portare avanti il lavoro fatto finora.

Le contestazioni, l’assemblea cittadina del 13 gennaio e la lettera hanno dato visibilità alle ragioni delle proteste. Questa attenzione ha già portato importanti frutti: dopo un tira e molla con la società organizzatrice della mostra, Arthemisia srl, il presidente della Fondazione Palazzo Ducale, Beppe Costa, ha pubblicamente dichiarato che è necessario cambiare “i contratti con i produttori di mostre“ per avere possibilità di intervento. Inoltre la conferenza-spettacolo del curatore Costantino D’Orazio dal titolo “I tormenti di Artemisia” prevista per oggi, giovedì 22 marzo e incentrata “in modo particolare sugli atti del processo contro Agostino Tassi”, è stata cancellata. Un successo importante che rivendichiamo, ma passato sotto silenzio.

Pur soddisfattə di queste conquiste, ci amareggia constatare che i vincoli contrattuali impediscono ogni modifica all’allestimento. Falliti i tentativi di venire incontro alle sempre più pressanti richieste, tutto è rimasto come prima: la “sala dello stupro” è aperta, l’avviso sui contenuti sensibili è stato rimosso, nel bookshop sono ancora presenti testi e gadget che normalizzano la violenza di genere. La lettera aperta ha raccolto più di 4000 adesioni con età e background differenti, provenienti da tutto il mondo. Oltre alla massiccia sottoscrizione di docenti, ricercatrici e operatrici del settore, significativa è la presenza di firme da parte di professioniste/i che si occupano della cura del trauma. E non è un caso. La narrazione della violenza di genere ha un potere ambivalente: può scardinare i meccanismi che riproducono la violenza ma può anche rafforzarli. La mostra su Artemisia Gentileschi, spettacolarizzando la violenza subita e banalizzando la vita dell’artista, fa esattamente la seconda cosa. A conferma giungono le testimonianze di visitatori e visitatrici: chi scrive questo comunicato ha deciso di promuoverne la raccolta per dare spazio a chi questa mostra l’ha vissuta e subita. E il quadro che sta emergendo non lascia spazio alla speculazione: vissuti traumatici riemersi e amplificati; rabbia e sconcerto per l martellante accostamento di Artemisia al suo stupratore; sensazione di essere psicologicamente manipolatə.

Per questo ci rivolgiamo nuovamente alla Fondazione Palazzo Ducale, richiamandola ancora una volta alla responsabilità istituzionale e alla sua funzione di mediatrice tra le iniziative culturali e il pubblico: che cosa conta di più? Valgono di più i contratti oppure i contenuti veicolati? Contano di più i soldi o il benessere delle persone in visita?

Pretendiamo che lo spazio pubblico e culturale più rappresentativo della nostra città si assuma il coraggio di fare delle scelte: la cultura deve essere strumento di conoscenza e di libertà accessibile a tutte le persone, e non mezzo di profitto per pochǝ e di diffusione di narrazioni tossiche. Vogliamo liberare Artemisia – e tuttə – da Arthemisia srl e da chiunque voglia speculare sulle nostre esistenze!

Continueremo questo percorso, anche in connessione con il senso e le iniziative dello sciopero transfemminista dell’8 marzo, proseguendo la raccolta di testimonianze relative alla visione della mostra, con la diffusione di una lettera sugli aspetti problematici della mostra destinata alle/ai docenti responsabili delle visite delle scolaresche, nonché con un nuovo incontro pubblico collettivo che si terrà il 16 marzo presso il Teatro della Tosse di Genova.

Le attiviste di Nudm Genova, Mi Riconosci, Valentina Cervella per le studentesse di UniGe, divulgatrici e storiche dell’arte, tra cui Noemi Tarantini di Etantebellecose e Valentina Crifó di Immagini Narranti.


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