La bozza della nuova, ennesima riforma del Ministero dei Beni Culturali è arrivata ai sindacati il 2 dicembre: il 3 dicembre quella bozza veniva presentata alla stampa come la nuova riforma. E questo basterebbe per essere infuriati con un potere che ormai non ha nessun rispetto degli spazi democratici.

Ma andiamo ai contenuti. Dario Franceschini è stato astuto: con una serie di azioni quali la creazione di nuovi musei autonomi, di più soprintendenze territoriali, dell’Istituto per il patrimonio immateriale, della Soprintendenza subacquea a Taranto, della molto pop “Digital Library” o la restituzione dell’autonomia agli Archivi di Stato e via discorrendo, ha dato ai giornali l’impressione di aver “corretto” la riforma Bonisoli. A parte il lato meramente coreografico, parecchie di queste scelte appaiono strane, volte a creare nuove poltrone e nuove sedi dirigenziali, dato che tutti questi nuovi isitituti (anche le Direzioni Generali crescono ancora in numero) dovranno comunque attingere al limitatissimo personale disponibile. Anche la stessa creazione della Soprintendenza Nazionale del Mare a Taranto, città periferica in cui sia il Museo Nazionale sia le sedi ministeriali oggi presenti languono terribilmente, o la creazione di un Istituto per la Digitalizzazione quando basterebbe rafforzare il personale degli attuali istituti periferici competenti in materia, appaiono scelte inspiegabili, nei modi e nei tempi. 

Ma sono i dettagli a contare di più. Nei dettagli la riforma è un ulteriore passo in avanti, deciso, per completare quel progetto che fu di Franceschini prima e di Bonisoli poi. Il passaggio decisivo è ancora l’articolo 33 comma 4, che amplia quanto già contenuto nelle precedenti riforme Franceschini-Bonisoli stabilendo che “con decreti ministeriali di natura non regolamentare possono essere individuati eventuali altri organismi istituiti come autonomi nonché possono essere assegnati ai musei autonomi ulteriori istituti o luoghi della cultura. Con i medesimi decreti i musei autonomi possono essere assegnati agli Istituti dotati di autonomia speciale aventi qualifica di ufficio dirigenziale di livello generale, operanti nel territorio della stessa Regione. I decreti di cui ai precedenti periodi possono altresì ridenominare gli uffici da essi regolati, nonché definire i confini dei parchi archeologici e delle Soprintendenze di cui al presente articolo.” Vuol dire accorpamento libero, con la novità, a questo giro, della possibilità di ridefinire i confini di Parchi archeologici e Soprintendenze. Vuol dire, come avevamo spiegato nel commento ai Decreti Bonisoli di Ferragosto, strada spianata alla trasformazione dei musei statali in Fondazioni private. Con una norma simile, la lista di istituti autonomi contenuti nella riforma è abbastanza inutile, dato che potranno essere fatti e disfatti a piacimento. Ma di certo già ora questa riforma annienta i Poli Museali, che perdono, in Sardegna, in Abruzzo e in Basilicata, il loro principale istituto, come già avveniva in molte altre regioni d’Italia.

La riforma, va detto, corregge sì alcuni errori della precedente riforma Bonisoli (datata agosto, e già questo è grottesco), riportando agli uffici periferici la competenza sulle esportazioni, ma mantiene quasi tutti i superpoteri che Bonisoli aveva assegnato al Segretario Generale, e soprattutto ricostituisce una delle peggiori istituzioni della prima Riforma Franceschini, che era stata fortunatamente soppressa da Bonisoli: le commissioni regionali. Sono commissioni in cui siedono tutti i Soprintendenti e i Direttori di musei autonomi della regione, che devono riunirsi per dare l’ok alle “proposte” dei vari Soprintendenti. Come una commissione composta per la maggior parte da non archivisti o da non archeologi (per esempio) possa votare a maggioranza su delibere archivistiche o archeologiche, è un mistero. E infatti si otterranno terribili storture, e più lungaggini burocratiche.

Il lettore noterà, giustamente, che stiamo commentando queste pessime nuove norme con linee guida e senza eccessivo dettaglio: è così, perché il peggio deve ancora venire. Come ricorderete, la pessima riforma Bonisoli è stata seguita da dei decreti attuativi con effetti devastanti, che svelavano il vero intento della riforma, pubblicati il 14 agosto. Credete sia un caso che Franceschini voglia veder pubblicata in Gazzetta Ufficiale la sua nuova riforma proprio all’inizio di Dicembre?

I decreti attuativi dovranno dire ad esempio se il Cenacolo Vinciano sarà ancora accorpato all’Accademia di Brera, o cosa conterrà il “Museo Nazionale di Matera” enunciato dal testo della riforma ma che oggi non esiste, insomma porteranno avanti operativamente il piano franceschiniano di radicale divisione tra valorizzazione e tutela, cessione ai privati del Patrimonio culturale maggiormente redditizio e dismissione di tutto il restante. E questi decreti attuativi, guarda caso, dovranno essere pubblicati proprio nel pieno delle feste natalizie.

Lo diciamo a chiunque ci legga: non cadete nell’inganno di Franceschini l’imbonitore, e siate preparati a una pessima sorpresa sotto l’albero.

Categories: Notizie

0 Comments

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *