In data 9 giugno, il FAI-Fondo Ambiente Italiano ha caricato nel loro sito un PDF in carta non intestata contenente le risposte alle 8 domande da noi poste loro alla fine di marzo 2018. Le riportiamo qui per intero, riducendo al minimo indispensabile i nostri commenti (li troverete in rosso con la dicitura NdMR) e invitandovi a leggerle con senso critico e a valutare autonomamente.

 

  1. Ci spiegate in che modo e perché donare soldi a una fondazione privata dovrebbe contribuire a salvare l’Italia?

Dal 1975 il FAI, nello spirito dell’articolo 118 della Costituzione – in base al quale “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” – si affianca con il suo lavoro agli enti pubblici non per sostituirli, ma per affiancarsi a loro, insieme a chi decide di donare per la gestione del patrimonio culturale italiano. A oggi il FAI ha aperto al pubblico 34 Beni, salvandone molti dal degrado e valorizzandoli tutti, affinché gli italiani possano godere di luoghi prima totalmente inaccessibili. Ci auguriamo che un numero sempre maggiore di cittadini decidano di sostenere il FAI in modo che la Fondazione possa sempre più affiancare lo Stato nell’ottica della sussidiarietà citata poco sopra.

(NdMR: il numero di 34 non si riferisce ai beni aperti al pubblico dal FAI in genere, ma ai beni acquisiti dal FAI e poi aperti al pubblico.)

  1. In base a quale normativa potete rendere accessibili solo ai vostri iscritti alcuni beni culturali di proprietà pubblica?

Non c’è una normativa. Alcuni dei luoghi che le nostre Delegazioni di volontari aprono nell’occasione speciale delle Giornate FAI (un week-end di Primavera e uno di Autunno) hanno caratteristiche di accessibilità limitata, per questioni di sicurezza, di capacità degli spazi e di organizzazione; spesso sono gli stessi proprietari a chiedere di limitare gli accessi. Nell’ultima edizione i luoghi ad accesso limitato erano 78 su 1100, la maggior parte privati. Invece di imporre un numero chiuso, abbiamo trovato negli anni il sistema di dedicarli agli iscritti FAI, sempre in accordo con i rispettivi proprietari. Iscriversi al FAI riserva vantaggi come questo, ma è soprattutto un contributo ad una fondazione no profit che svolge una missione di utilità pubblica; ciò che raccogliamo dalle iscrizioni al FAI sostiene le nostre attività istituzionali: restauri e progetti di valorizzazione su monumenti del patrimonio italiano. Senza questo evento di raccolta fondi e senza il supporto dei nostri iscritti, il FAI non potrebbe continuare il suo operato, sostenuto per il 68%* da privati e solo per il 2% da enti pubblici (Fonte: Bilancio 2017 alla voce fonti di finanziamento). Riteniamo, pertanto, che sia giusto favorire l’iscrizione al FAI, anche con strumenti come questo.

(NdMR: quindi si conferma che non c’è nessuna normativa che lo consente)

  1. Il fatto che una ex presidente del FAI sia da anni sottosegretaria del MiBACT (con passaggio diretto) non crea un conflitto di interessi, dato che il FAI, pur essendo una fondazione privata, riceve grande appoggio dal Ministero e spazio nelle televisioni e radio di Stato?

La ex presidente FAI Ilaria Borletti Buitoni si è dimessa dal suo ruolo nella Fondazione nel momento in cui ha deciso di entrare in politica. Quando è diventata Sottosegretario del MiBACT non si è creato alcun conflitto di interessi: con lei si è mantenuto un rapporto di amicizia, ma i rapporti tra il FAI e il Ministero non sono cambiati. Dalla sfera degli enti pubblici – ribadisco – il FAI riceve il 2% dei proventi, un contributo minimo e irrilevante.

  1. La RAI ha realizzato di sua spontanea volontà spot e dirette per promuovere le giornate FAI? Dunque sta promuovendo, con soldi pubblici, l’attività di una Fondazione privata? Com’è possibile tutto ciò?

LA Rai, nella sua libertà di azione, sostiene da anni campagne di utilità sociale legate ai temi dell’emergenza e della ricerca (AIRC, Telethon, etc.). Finalmente negli ultimi anni ha deciso di appoggiare anche una campagna dedicata ai beni culturali, riconoscendo l’importanza del nostro patrimonio per tutti gli italiani e affiancando il FAI.

  1. Nei vostri beni utilizzate figure professionali quali guide e operatori museali sporadicamente, solo in caso di necessità estrema, tramite rapporti di lavoro occasionale e precarizzato. Ritenete dunque siano professioni di poco conto sulle quali risparmiare, facilmente rimpiazzabili?

Nei beni del FAI operano molte figure professionalmente qualificate nel settore culturale, dipendenti o singoli professionisti abilitati a svolgere l’attività di guida turistica, appartenenti a società specializzate operanti nel territorio. Tutte le visite guidate per gruppi e per scuole e i laboratori didattici che offriamo nei beni sono affidati a professionisti regolarmente contrattualizzati. I contratti che utilizziamo rispettano la legislazione esistente, e quando ci rivolgiamo a società di servizi siamo tenuti a presidiare anche la correttezza delle tipologie di contratti instaurati dalle società terze. Ben consci delle attuali difficoltà di impiego di tanti giovani professionisti dei beni culturali, riteniamo anzi di contribuire a creare un circolo virtuoso di occasioni di lavoro a beneficio dei giovani che nelle loro comunità vogliono operare in questo settore.

(NdMR: sì, è verissimo che rispettano la legislazione esistente. Ma la legislazione esistente permette l’esistenza di contratti orrendi a chiamata e terribilmente precari)

  1. Perché, a fronte di 31,3 milioni di euro di introiti, per gestire (almeno) 7500 volontari pagate solo 229 dipendenti (fonte: bilancio 2016)? Non sono pochini?

Il FAI impiega oggi 273 dipendenti (NdMR: il National Trust, fondazione a cui il FAI si ispira, impiega 10 mila dipendenti) e spende 12 milioni di euro per gli stipendi dello staff, il 46% del totale dei proventi. I 7500 volontari formano, invece, le 120 Delegazioni, gli 89 Gruppi FAI e gli 87 Gruppi FAI Giovani, distribuiti in modo capillare sul territorio nazionale. Questa fitta rete di Delegazioni contribuisce a diffondere la missione e l’attività del FAI presso un largo pubblico e si attiva nell’occasione delle campagne nazionali di Giornate FAI di Primavera e di Autunno; nel resto dell’anno il FAI lascia alle Delegazioni la libertà di attivarsi ulteriormente per la valorizzazione del loro territorio in un quadro di regole condivise con la Fondazione.

  1. Ci chiarite il vostro concetto di volontariato? La logica, ci pare, vorrebbe che un “volontario” non ricopra turni né presti servizio a cadenza quotidiana, come invece accade sotto la vostra direzione.

I volontari sono persone che in totale libertà scelgono di dedicare tempo ed energie alla Fondazione – alcuni quotidianamente, altri saltuariamente, in base a scelte e disponibilità personali – secondo tempi e modi concordati con il FAI.

  1. Nel caso si profili, per un Bene da voi gestito, un progetto di valorizzazione portato avanti da un’equipe di professionisti, sareste pronti a farvi da parte?

I beni gestiti dal FAI sono oggetto di progetti di restauro e valorizzazione ideati e sviluppati da un team di dipendenti e collaboratori della Fondazione interamente formato da professionisti con diverse specializzazioni: restauro, valorizzazione, raccolta fondi, comunicazione, amministrazione.

(NdMR: quindi no, non sareste pronti a farvi da parte)

 


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