Con il DPCM del 25 ottobre il Governo, invitato da più parti a varare misure drastiche e localizzate, ha scelto di colpire solo alcuni comparti specifici: ristorazione, organizzazione di eventi, cultura, sport, associazionismo, scuola e università. I provvedimenti presi, a detta di molti, non saranno sufficienti ad arginare il contagio, e anzi rischiano di essere superati a breve da altre chiusure e da un lockdown generalizzato. Certo non metteremmo a repentaglio la salute pubblica, ma non possiamo accettare in modo acritico misure così sconclusionate e settarie, non in assenza di una chiara progettualità, che oggi non vediamo

Chiudere per primi determinati settori (lo sport dilettantistico, lo spettacolo dal vivo, l’associazionismo e i dibattiti) senza un piano preciso e ben finanziato per ricostruire è pericoloso e dimostra una scarsa conoscenza del servizio che questi spazi offrono ai quartieri, ai paesi, alle città. Spazi in cui si crea cultura e socialità in grado spesso di offrire welfare, educazione, crescita, che lo Stato non è stato capace di dare. Non sono infatti misure che sembrano poter essere contenute nel tempo: oggi, come nel marzo scorso, c’è la seria probabilità che questi luoghi siano i primi a chiudere e gli ultimi a riaprire. La ricetta proposta rischia ancora di aumentare il divario sociale, diminuire i servizi pubblici, lasciare sempre più sole quelle persone che più avrebbero bisogno adesso di essere sostenute. Rallentare la curva dei contagi per tutelare la salute collettiva, elemento da cui non possiamo transigere, non può prescindere dalla tutela del tessuto sociale e dall’evitare rischi peggiori sul medio e lungo periodo, come le piazze di questi giorni già sembrano indicarci.

Da anni denunciamo l’assenza di politiche strutturali e coordinate per la “salute culturale” delle nostre comunità, e siamo abituati a vivere allo sbando, fra compensi ridicoli che rasentano la soglia di povertà, spazi inadeguati, repressione mascherata da decoro, disinteresse da parte della politica e delle amministrazioni. In primavera abbiamo accettato di essere i primi della lista, nonostante riconoscessimo l’errore, perché l’emergenza e l’imprevisto potevano giustificare qualche azione grossolana. Oggi no, oggi non possiamo accettare che i nostri settori siano ricondotti al tempo libero e al superfluo, perché non è così, sono presidi di crescita e benessere.

Non stiamo attraversando una guerra, checché se ne dica, e il nemico che rischia di disgregare la nostra società è molto più multiforme e infido: senza gli spazi della cultura (dai musei ai circoli, dai centri sociali alle biblioteche) stiamo rinunciando all’essenza stessa del vivere in comunità. Pretendiamo da parte di chi ci governa una gestione vera di una situazione sempre meno emergenziale e sempre più sistemica. Se la chiusura è necessaria, deve far parte di un piano strutturale, un piano per il presente che consenta di non tornare alla “normalità” del passato, allo “stato di sopravvivenza” che ha dominato fino al febbraio 2020 il nostro settore. Servono anzitutto reddito e compensazioni strutturali, e non più bonus, per tutti quei lavoratori che subiscono le chiusure. Ma non bastano. Serve ragionare, luogo per luogo, su come compensare l’assenza per la comunità, investendo su piani di servizi digitali che arrivino a tutte le famiglie; sulla creazione di contenuti culturali durante il periodo delle chiusure; e su come garantire a tutte e tutti servizi che ora, con la chiusura degli spazi, non esistono più. L’associazionismo, il mondo della cultura, il mondo dello sport, non possono stare a guardare. Non è tempo libero. È il corpo vivo delle nostre città e delle nostre comunità.

L’appello, che sarà inviato ai giornali e alla politica, può essere firmato da associazioni, circoli, spazi sociali, istituzioni culturali e sportive di qualsiasi genere. Per firmare inviare una mail a miriconosci.beniculturali@gmail.com

Primi firmatari:

Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali

Link Coordinamento Universitario

Rete della Conoscenza

ARCI Nazionale 

Awi – Art Workers Italia

Professione: Educatore Museale 

Forum dell’arte contemporanea italiana 

AUASFI, Associazione degli Utenti dell’Archivio di Stato di Firenze

Museum Civitatense (Olbia)

Circolo della scherma Ramon Fonst asd (Torino)

Ritmolento (Bologna)

Circolo Arci Canaletto (La Spezia)

La Posta (Grottaminarda, Avellino)

ZEI Spazio Sociale (Lecce)

Lato B – L’altro lato di Milano (Milano)

Manituana – Laboratorio Culturale Autogestito (Torino)

Circolo Rinascita (Pisa)

Avionica (Avellino)

Circolo Nadir (Padova)

Spazio Catai (Padova)

Un’altra storia (Varese)

Generazione Zero (Trieste)

Circolo Letterario Beatnik (Campobasso)

Circolo Fuori Terra – Arci Isernia

Catartica Care (Cataforio, Reggio Calabria)

YARC – Yvonneartecontemporanea (Vicenza)

Wunderkammer / Dislocata (Vignola, Modena)

Album Arte (Roma)

CAM (Coordinamento Artisti della Scena Marchigiana)